L’epilessia è una delle malattie neurologiche più frequenti e in Sardegna interessa circa 50 persone ogni 100mila abitanti. Le cause sono diverse a seconda che si tratti di una forma parziale o generalizzata. Il tema è stato trattato a “15 minuti con…”, il talk di approfondimento sulla salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, in collaborazione con il gruppo Unione Sarda, condotto dal giornalista Fabrizio Meloni, responsabile Comunicazione e Relazioni esterne dell’Aou. Ospiti in studio la professoressa Monica Puligheddu, neurologa del Policlinico Duilio Casula e il professor Roberto Sanfilippo, chirurgo vascolare dell’Aou di Cagliari.

L’epilessia è caratterizzata dal periodico ripetersi di manifestazioni psicofisiche improvvise, quali la sospensione o la perdita della coscienza, stato confusionale, movimenti automatici e, nelle forme più gravi, convulsioni muscolari, dilatazione delle pupille, cianosi del volto, emissione di bava. L’epilessia come malattia va distinta dalla crisi epilettica, che è un evento clinico transitorio, privo di quella tendenza al ripetersi delle crisi che è un criterio fondamentale della diagnosi.

Il trattamento per la malattia varia. Se si parla di una singola crisi epilettica questa non va trattata farmacologicamente, salvo casi molto particolari; quando parliamo invece di epilessia, cioè la tendenza a ripetersi di crisi epilettiche, si richiede un trattamento che va protratto almeno fino al completo controllo degli episodi. Il discorso cambia quando si parla di epilessia farmacoresistente, in questo caso una valida alternativa terapeutica per i pazienti che ne soffrono è la stimolazione, tramite intervento chirurgico, del nervo vago.

«L’intervento chirurgico», spiega il professor Sanfilippo, «viene eseguito in anestesia generale: il paziente è in posizione supina, con capo lievemente inclinato all'indietro. Si prepara una ”tasca” sottocutanea nella parte sinistra del torace che servirà ad alloggiare il dispositivo di stimolazione vagale. Dopo aver spostato i muscoli che si trovano sul lato del collo, si arriva alla guaina che contiene la vena giugulare interna, l'arteria carotide comune e il nervo vago. Dopo aver spostato la vena giugulare interna all'indietro è identificabile il nervo vago che viene delicatamente mobilizzato, liberandolo dalle strutture circostanti, per un tratto di circa cinque centimetri. Si fa passare il catetere con gli elettrodi stimolatori dall’incisione sul collo fino alla “tasca” sul torace. Le tre spire nella parte terminale del catetere vengono avvolte intorno al nervo vago. Si fissa il catetere alle strutture muscolari vicine, si collega il catetere al dispositivo generatore di impulsi e se ne verifica il corretto funzionamento con modalità wireless, quindi si posiziona lo stimolatore vagale nella “tasca”. La durata dell'intervento varia dai 60 ai 90 minuti».

Luca Mirarchi

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