Viviamo un momento storico, un'epoca nella quale l’appello ai "diritti" è particolarmente frequente. Il riferimento è ai diritti di ciascuno di noi. Sarebbe preferibile, forse, restringere il campo. Guardare con più attenzione a quei diritti che hanno lo scopo di dare pari opportunità alle persone in modo che la corsa della vita li veda partire in posizioni simili. Cioè ai diritti di cittadinanza, dei quali dobbiamo essere grati a Lord Dahrendorf, che hanno lo scopo, nonostante gli ostacoli che ne distorcono l’effettività, di favorire l’uguaglianza delle persone nell’accesso alla istruzione e quindi alle informazioni, alle competenze necessarie alla vita, alla sanità per poter compiere scelte adeguate per quanto concerne la propria salute e non per ultimo di essere realmente uguali di fronte alla legge per la possibilità di avere accesso ad una difesa d’ufficio quando non si hanno possibilità materiali per pagare un avvocato.

Penso che questi diritti di cittadinanza, ne ho citato solo alcuni, possano rafforzare la solidarietà fra persone che vivono nella nostra grande comunità perché cercano di dare a ciascuno pari opportunità.

I "doveri" sono scomparsi dai nostri pensieri e dai temi della società che non ha il coraggio di metterli in discussione ed abbinarli ai "diritti". Ma sembra evidente pensare che una comunità nella quale si parla solo di diritti non abbia grandi speranze per il futuro. Senza dimenticare l’altro grande tema delle libertà, individuali e generali.

Ma è proprio vero che reclamare diritti, talora sinonimo di libertà di disporre a piacimento della propria persona, non contrasti col bisogno di non dimenticare che esistono dei doveri verso la società? È infatti in questi equilibri che si trova l’armonia del nostro vivere assieme. Una delle epidemie più importanti è quella dell’obesità che interessa soprattutto bambini e adolescenti nelle nostre società, ma non risparmia società meno sviluppate.

Si chiama epidemia, termine derivato dalle malattie infettive, perché interessa contemporaneamente fasce estese delle popolazioni. L’OMS stima che circa il 58% del diabete mellito, il 21% della malattie coronariche e quote comprese tra l’8 e il 42% di certi tipi di cancro sono attribuibili all’obesità. I costi sanitari sostenuti dal nostro Paese sono calcolati tra 6 e 16 miliardi, ovvero tra il 4 e il 16 % della spesa sanitaria, mentre i costi sociali sono malattie e riduzione dell’aspettativa di vita. Ogni italiano paga questi costi con 289 euro di tasse supplementari all'anno.

L’obesità e il sovrappeso affliggono principalmente le categorie sociali a minor reddito e istruzione. Tra gli adulti con un titolo di studio medio-alto la percentuale degli obesi è del 5%, mentre è del 15,8 % tra le persone che hanno la licenza elementare. È evidente quindi che tutti gli sforzi per contrastare l’obesità sono fondamentali. Ma finora sono stati vani.

Siamo di fronte ad un contrasto fra il diritto di ciascuno alla libertà alimentare e il dovere della società di ridurre il rischio delle malattie legate all’obesità. È un limite alla libertà alimentare chiedere che si riducano le calorie e quindi gli zuccheri di molti alimenti, che le etichette ne spieghino l’importanza e che la pubblicità informi i cittadini sulle conseguenze di questi modelli alimentari? Questa sfida non dobbiamo perderla. È nell’interesse della collettività e dei singoli cittadini. Per questo dovremmo rimettere al centro della discussione il senso del dovere che può avere valenze molto più grandi per le nostre società.

Antonio Barracca

(Medico - Cagliari)
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