Come sanno bene molti di coloro che l'hanno avuto, il Covid-19 può avere un impatto negativo anche sulla chioma. Addirittura una persona su tre che contrae il virus presenta una perdita di capelli e soffre di una forma più o meno grave di alopecia, a distanza di due o tre mesi dall'infezione.

Spesso il problema tende a regredire, ma in alcuni casi vale la pena fare un controllo specifico.

Questo uno dei temi al centro del congresso della Società Italiana di Medicina Estetica (Sime), che si apre oggi a Roma. "Il motivo - chiarisce Alfredo Rossi, professore in dermatologia presso l'Università di Roma La Sapienza - è dovuto al fatto che l'infezione da Sars-Cov-2, come noto, può provocare un massivo rilascio di citochine proinfiammatorie, e questa induce non solo una cospicua caduta di capelli (telogen effluvium), ma anche un'infiammazione che, in alcuni casi, può portare ad una fibrosi del cuoio capelluto. A questo va sommato, come importante causa di perdita di capelli, lo stress causato dal cambiamento delle abitudini di vita, la paura di ammalarsi, l'isolamento, magari anche la perdita del lavoro e crisi economica che hanno caratterizzato la vita di molti durante la pandemia".

Nella maggior parte dei casi il telogen effluvium è reversibile entro 6 mesi dall'evento stressante. "Chi però ha già una predisposizione all'alopecia androgenetica, dopo il Covid potrebbe osservare una ricrescita di capelli più sottili o più radi di prima. In questi casi è opportuno rivolgersi a uno specialista".

Inoltre, rare forme di alopecia legate all'attivazione del sistema immunitario, sembrano anche essere indotte dalla vaccinazione. "Per individuare i rimedi più utili - commenta Emanuele Bartoletti, presidente della Sime - è consigliabile una visita specialistica tricologica con esame tricoscopico, che consenta un'accurata valutazione dello stato di salute del cuoio capelluto e dei capelli, per poi capire se e con quali misure intervenire". 

(Unioneonline/v.l.)

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