Il 2 aprile scorso si è celebrata in tutto il mondo la giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, creata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2007 . È una giornata nata con lo scopo di fornire una corretta informazione relativamente a una patologia che ha alla base importanti deficit del funzionamento cognitivo, sociale ed adattivo.

L’ARNAS G. Brotzu di Cagliari con la sua struttura “Disturbi pervasivi dello sviluppo”, è il punto di riferimento per le famiglie sarde per la diagnosi e la terapia dell’autismo. È una struttura di riferimento regionale ad alta qualificazione professionale sia nel campo della diagnosi e terapia che nell’ambito della ricerca.

Come spiega la dottoressa Marinella Carta direttore della struttura: «I disturbi dello spettro dell’autismo sono classificati tra i disturbi del neurosviluppo, caratterizzati da deficit dello sviluppo che causa una compressione del funzionamento personale, sociale, scolastico o lavorativo. Il range dei deficit varia da limitazioni molto specifiche dell’apprendimento fino alla compromissione globale delle abilità sociali e dell’intelligenza. I disturbi si presentano frequentemente in concomitanza; per esempio individui con disturbo dello spettro dell’autismo spesso presentano disabilità intellettive e molti bambini con disturbo da deficit di attenzione/iperattività hanno anche un disturbo specifico dell’apprendimento. In alcuni disturbi il quadro clinico comprende sintomi di eccesso, ma anche deficit e ritardi nel raggiungimento delle tappe dello sviluppo attese, deficit persistenti della comunicazione sociale, compresi deficit della reciprocità sociale, della comunicazione non verbale utilizzata per le interazioni interpersonali».

I pazienti che afferiscono al centro dell’ARNAS sono compresi tra 0 e 18 anni con sempre più frequenti accessi in età precoce. Il centro è inserito inoltre nel Progetto NIDA, ovvero l’istituzione di una rete di coordinamento regionale della Regione Sardegna finalizzata all’individuazione precoce dei disturbi dello spettro autistico nella popolazione generale e ad alto rischio. Il network NIDA è coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità ed è composto da centri di ricerca e istituti clinici di alta specializzazione attivi su tutto il territorio nazionale. Le unità operative del NIDA coinvolgono i maggiori esperti a livello nazionale sulle tematiche inerenti il disturbo dello spettro autistico. Il Centro inoltre svolge il ruolo di consulenza per le strutture regionali di neuropsichiatria infantile nella fase diagnostica e terapeutica riabilitativa. Attualmente ha in carico circa 3000 pazienti attivi.

Il percorso diagnostico prevede una valutazione neuropsichiatrica infantile e clinica-comportamentale del bambino ed accertamenti clinico-strumentali per giungere alla definizione della diagnosi. Il percorso prevede inoltre: stesura di programmi di trattamento di riabilitazione globale, colloqui di restituzione e di diagnosi, programmazione, supervisione e monitoraggio degli interventi; follow up clinico; coordinazione e supervisione clinica con operatori esterni per interventi extraospedalieri; incontri di parent training e teacher training; progetti di ricerca.

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Vietato fermarsi, la ricetta per stare bene

Non fermiamoci. Anche nella terza età, non lasciamoci prendere dalla sindrome da divano e ricordiamoci di camminare, lungo la spiaggia sotto il tepore del sole, nei centri storici o sui sentieri di collina. Magari, se proprio ne abbiamo bisogno, usiamo le racchette per avere maggior stabilità e soprattutto per far lavorare anche i muscoli di spalle e torace. L’importante è muoversi. Senza esagerare. Ma con costanza. E non solo per il fisico, ma anche e soprattutto per la mente e la psiche. A ricordare quando l’attività fisica regolare sia un toccasana anche per le capacità cerebrale è una ricerca coordinata da André La Croix della Scuola di Sanità Pubblica Herbert Wertheim, pubblicata su Sport Sciences and Health. Lo studio mostra chiaramente (sia pure se su un numero limitato di persone), cosa accade se si fa una lunga passeggiata quotidiana o qualcosa di simile. Ed arriva ad una conclusione chiara. Più si cammina, magari non proprio strascicando i piedi, più il cervello si mantiene giovane anche negli over-75 e soprattutto è più facile mantenere l’indipendenza. Per arrivare a questa conclusione è stata valutata una cinquantina di persone nella terza età. controllando non solo la forma fisica attraverso dispositivi che misurano non solo il numero dei passi ma anche l’intensità dello sforzo e la distanza percorsa, ma anche le reazioni cerebrali a sforzi anche minimi. In questo caso la valutazione è stata condotta con una risonanza magnetica. Dall’indagine, effettuata con il monitoraggio di una camminata di sei minuti alla velocità più alta possibile, emerge chiaramente che l’attività fisica è un vero “toccasana” per le interconnessioni cerebrali, che si sviluppano attraverso reti e che prevedono “l’accensione” di specifiche zone del cervello, in concomitanza con il movimento e con il riposo. Questi sistemi di rilevazione “parlano” tra loro, ovviamente senza che ce ne accorgiamo. E quindi diventano un parametro utile per capire cosa accade nel nostro sistema nervoso.

Federico Mereta

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