Chi ha meno di 60 anni e ha avuto la prima dose di AstraZeneca farà il richiamo con il vaccino a Mrna. È questa la decisione del Comitato tecnico scientifico, che rimanda dunque la popolazione al di sotto dei 60 anni cui è stato inoculato AstraZeneca ad una seconda dose con Pfizer o Moderna.

Per la seconda dose, sottolineano infatti i tecnici, è raccomandato continuare a usare AstraZeneca solo per chi ha più di 60 anni. Sotto questa soglia, per un principio di massima cautela, è invece raccomandabile l'utilizzo di un vaccino a Mrna, come precisato dal ministro Speranza e dal coordinatore del Cts Franco Locatelli.

“Tutti i dati disponibili indicano che i fenomeni trombotici dopo la seconda dose sono straordinariamente rari – ha spiegato Locatelli - nel Paese non c’è evidenza di nessun caso di trombosi venosa per abbassamento di piastrine dopo la seconda dose, tuttavia ispirandosi a un principio di massima cautela e pur in assegna di segnali di allerta preoccupanti si è deciso, sotto i 60 anni, di raccomandare di considerare l’ipotesi della ‘vaccinazione eterologa’, e dunque con una seconda dose con una diversa tipologia di vaccino”.

“Attualmente abbiamo 3,5 milioni di over 60 ancora da vaccinare – ha spiegato il commissario straordinario Figliuolo – con una seconda dose che riguarda invece circa 3 milioni 900mila persone over 60. A tutti gli altri faremo vaccinazione eterologa con vaccini a Mrna, per questo c’è la sostenibilità logistica”.

MIX DI VACCINI, SI O NO? – Una soluzione che, però, già divide gli esperti. "Ritengo la soluzione della vaccinazione eterologa, ovvero utilizzando per la seconda dose un vaccino diverso da AstraZeneca per chi ha fatto la prima dose di questo immunizzante, una soluzione ottima” il commento di Guido Rasi, ex direttore generale dell'Agenzia europea dei medicinali Ema e attualmente consulente del commissario Figliuolo. “Ciò perchè si tolgono elementi di rischio e si aggiungono elementi di flessibilità alla campagna vaccinale", afferma. Di diverso avviso, invece, Massimo Andreoni, direttore di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, che sottolinea la mancanza di dati scientifici consolidati rispetto a tale approccio vaccinale. Secondo l'esperto, infatti, il “mix” di vaccini andrebbe limitato ai casi in cui dopo la prima vaccinazione con AstraZeneca si siano verificate particolari reazioni avverse. “L'esigenza di mescolare i vaccini e modificare la scheda vaccinale ritengo sia cioè necessaria - spiega - solo per i soggetti che alla prima vaccinazione abbiano avuto rilevanti disturbi neurologici. Farlo in modo indiscriminato a tutti sembra un’esagerazione".

LA RACCOMANDAZIONE EMA - Nel frattempo il comitato per la sicurezza dell'Ema ha concluso che le persone che in precedenza hanno avuto la sindrome da aumentata permeabilità capillare non devono essere vaccinate col siero di AstraZeneca. La sindrome, spiega Ema, è una condizione molto rara e grave che causa perdita di liquidi dai piccoli vasi sanguigni (capillari), con conseguente gonfiore principalmente alle braccia e alle gambe, bassa pressione sanguigna, ispessimento del sangue e bassi livelli di albumina nel sangue. Ema continua l'analisi sulle segnalazioni di miocardite (infiammazione del muscolo cardiaco) e pericardite (infiammazione della membrana intorno al cuore) in un piccolo numero di persone dopo la vaccinazione con sieri Covid-19. Infine, Ema raccomanda di aggiornare le informazioni sul trattamento Veklury (remdesivir) per includere la bradicardia come reazione avversa di frequenza sconosciuta per questo medicinale.

(Unioneonline/v.l.)

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