«Le lesioni degenerative articolari sono patologie croniche che colpiscono le articolazioni, quelle strutture del nostro corpo che collegano fra loro due o più ossa, fornendo stabilità allo scheletro e consentendone il movimento. Quando si verificano patologie infiammatorie che danneggiano la cartilagine e le altre strutture che costituiscono l’articolazione (osso, membrana e liquido sinoviale) si determina una progressiva perdita di funzione articolare».

Queste le definizioni offerte dal professor Antonio Capone, direttore dell’Ortopedia del Policlinico Duilio Casula, durante una puntata di “15 minuti con…”, il talk sulla salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, in collaborazione con il gruppo Unione Sarda, condotto dal giornalista Fabrizio Meloni, responsabile Comunicazione e Relazioni esterne dell’Aou

«La più comune e invalidante artropatia degenerativa», spiega il professore, «è l’artrosi (80%), principale causa di dolore articolare cronico in tutto il mondo, con una stima di oltre 3 milioni di pazienti che ne sono affetti. Le altre malattie degenerative articolari sono le artriti infiammatorie come l’artrite reumatoide o l’artrite psoriasica e la gotta legata ad alti livelli ematici di acido urico. L’artrosi è caratterizzata da una progressiva erosione della cartilagine articolare che comporta un sovraccarico dell’osso sottostante e l’inizio di un processo infiammatorio. Un'altra forma di artrosi è quella secondaria a pregresse patologie articolari, a fratture o lesioni capsulo-legamentose che comportano un’incongruenza delle superfici articolari e quindi una precoce usura della cartilagine. Questa forma interessa soggetti più giovani (meno di 60 anni) e può coinvolgere solo un’articolazione. L’artrosi è in grado di colpire tutte le articolazioni, ma le sedi più frequenti sono le mani, la colonna vertebrale, l’anca e il ginocchio».

«La causa della malattia», prosegue Capone, «può essere genetica (artrosi idiopatica o primitiva) poiché, in soggetti che presentano una predisposizione genetica, l’artrosi può essere legata ad alterazioni biochimiche e metaboliche della cartilagine, su cui agiscono anche fattori ambientali che contribuiscono all’evoluzione della patologia, come il sovraccarico biomeccanico e l’obesità. La maggiore incidenza di questa tipologia di artrosi si registra dopo i 60 anni e interessa più articolazioni».

«I sintomi dell’artrosi», evidenzia il medico, «sono il dolore, la tumefazione e la limitazione funzionale delle articolazioni. Nelle fasi iniziali il dolore è presente solo al movimento e/o al carico per gli arti inferiori, come avviene durante la deambulazione. In seguito il dolore può essere persistente, soprattutto all’inizio del movimento (rigidità mattutina). Oltre ai segni clinici dell’infiammazione possono manifestarsi negli stadi più avanzati anche segni di deformità delle articolazioni: noduli alle dita delle mani, deviazione in varismo delle ginocchia. L’infiammazione e la progressiva usura dell’articolazione comportano una limitazione nei movimenti con difficoltà nello svolgere le attività quotidiane come vestirsi, salire e scendere le scale o sollevare pesi».

«La diagnosi viene fatta tramite i sintomi clinici, l’esame obiettivo e l’esame radiografico che evidenzia una riduzione dello spazio fra i capi articolari dovuta a erosione della cartilagine, addensamento dell’osso subcondrale, cisti ossee e presenza di escrescenze di tessuto osseo (osteofiti)», aggiunge Capone: «Solo in casi particolari risulta necessario eseguire ulteriori indagini strumentali come la risonanza magnetica o la tomografia computerizzata, per fare una diagnosi differenziale con altre patologie articolari (artriti, necrosi, edema, osso spongioso). La terapia dell’artrosi prevede l’impiego di vari metodologie di trattamento di tipo farmacologico, riabilitativo e chirurgico che possono alleviare i dolori, rinforzare la muscolatura di supporto e migliorare la funzionalità articolare».

Luca Mirarchi

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