L’artrosi è una delle malattie più frequenti dell’apparato muscolo-scheletrico. Si tratta di una patologia reumatica cronica, caratterizzata da lesioni degenerative della cartilagine articolare. L’artrosi, però, non colpisce esclusivamente la cartilagine, bensì l’intera articolazione: finisce dunque per impattare anche su legamenti, capsula articolare, osso subcondrale, membrana sinoviale e muscoli peri-articolari. 

La cartilagine e i sintomi

La cartilagine è un tessuto connettivo che riveste e protegge le articolazioni, composto da cellule dette condrociti, che sono immerse in una sostanza intercellulare. Si tratta di un tessuto solido, flessibile e dalla limitata capacità di deformarsi. La cartilagine non è vascolarizzata e non è innervata. L’artrosi consiste nella progressiva degenerazione di questo tessuto. Nel momento in cui inizia a deteriorarsi, si va a creare un attrito anomalo tra i diversi capi ossei che, entrando in contatto senza la protezione della cartilagine, finiscono per danneggiarsi a causa della frizione. Per questa ragione, le zone più colpite sono quelle delle ginocchia, della colonna vertebrale (in particolare la zona cervicale), delle anche, della zona lombare e delle piccole articolazioni delle mani. Il paziente che sviluppa l’artrosi nella sua fase acuta soffre di un dolore costante, di una rigidità articolare e di una limitazione nei movimenti. Gli altri sintomi frequenti sono mal di schiena, bruciore, crampi, spasmi muscolari, perdita di coordinamento dei movimenti, cefalea, fastidi alle spalle, al collo, alla schiena e alle gambe. Il dolore avvertito dal soggetto affetto da artrosi è di tipo meccanico: è dunque maggiore dopo lo sforzo e l’esercizio fisico, oppure nel momento in cui si carica del peso sull’articolazione interessata. Tende a essere più intenso al termine della giornata e si attenua con il riposo. Inizialmente si può sentire addirittura l’articolazione che cede, accompagnata da rumori che vengono definiti in gergo “scrosci articolari”, ma non tutti i pazienti con artrosi riferiscono di avere avuto questa sintomatologia.

Discorso diverso per quanto riguarda le mani: spesso si verificano delle deformazioni delle articolazioni delle dita. I noduli di Heberden colpiscono le articolazioni finali, i noduli di Bouchard si sviluppano invece a livello delle articolazioni prossimali. Entrambi, però, possono causare notevoli limitazioni dei movimenti ed essere particolarmente dolorosi per il paziente che ne è affetto.

Cause e fattori di rischio

I sintomi dell’artrosi tendono ad apparire generalmente intorno ai 50 anni e a essere colpite sono prevalentemente le donne in post menopausa. Si tratta di una malattia strettamente connessa all’invecchiamento: per arrivare all’usura delle cartilagini articolari, infatti, devono passare diversi anni. Esistono però alcuni fattori di rischio che esulano da quello anagrafico: la familiarità; una situazione costante di sovrappeso e obesità; precedenti fratture e lesioni articolari; lavori che richiedono posizioni particolari o la sollecitazione continua di alcune articolazioni; malattie circolatorie che possono causare sanguinamento e danni alle articolazioni (osteonecrosi ed emofilia su tutte); alcune forme di artrite, che finiscono per danneggiare l’articolazione ed esporre la cartilagine a possibili problemi; sport particolarmente usuranti come il calcio, in cui le cartilagini finiscono per erodersi in maniera molto rapida, soprattutto per quanto riguarda ginocchia e piedi.

Gli osteofiti

Una delle caratteristiche tipiche dell’artrosi consiste nella formazione degli “osteofiti”: sono delle piccole escrescenze di tessuto osseo che compaiono alla periferia delle zone sottoposte al carico articolare e il cui ruolo sta nell’aumentare la superficie di contatto e ridurre il carico stesso. Spesso le zone più colpite da questo disturbo sono i dischi intervertebrali, l’area dell’anca e del ginocchio. Pur non provocando dolore, gli osteofiti sono pericolosi in quanto infiammano le articolazioni, rendendole gonfie. Il dolore acuto, tuttavia, può emergere nel momento in cui gli osteofiti entrano in contatto con i nervi. I sintomi più frequenti, in particolare quando si presentano a livello vertebrale, sono formicolio e intorpidimento.

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Artrosi, dai sintomi alle cure: ecco l’iter da seguire

Comprendere i sintomi può rivelarsi fondamentale ai fini della diagnosi di artrosi. Il dolore articolare è ovviamente il sintomo più rilevante, ma ce ne sono altri che non devono essere sottovalutati: rivolgersi al proprio medico di fiducia, che darà il via all’iter necessario per giungere alla diagnosi, è la prima cosa da fare nel momento in cui il dolore diventa molto forte. L’artrosi è generalmente suddivisa in due tipologie: la primaria, sulla quale incidono i fattori genetici, e la secondaria, nella quale i fattori pregressi (traumi, malattie) sono decisivi ai fini dell’insorgenza della patologia.

I sintomi

Il dolore e l’irrigidimento articolare sono il campanello d’allarme classico di questa patologia. La rigidità può influire sui movimenti più semplici che vengono effettuati nel corso della giornata e tende a manifestarsi soprattutto al termine di una lunga giornata di sforzo e di lavoro. Un altro aspetto da tenere d’occhio è la tumefazione delle articolazioni, che può essere dovuta proprio all’erosione della cartilagine. L’artrosi è una malattia molto diffusa, secondo alcune stime rappresenta addirittura più del 70% delle forme reumatiche. Nonostante questo, non esiste ancora un metodo certificato per arrivare alla completa guarigione: se in alcuni casi l’intervento chirurgico alle anche o al ginocchio consente di superare il problema grazie all’impianto di una protesi, in altri casi ci si deve limitare alla possibilità di ridurre i sintomi.

Gli accorgimenti

Nei pazienti in sovrappeso o in condizioni di obesità, la perdita di peso è il primo suggerimento da parte degli specialisti: ridurre il carico sulle articolazioni consente infatti di limitare notevolmente il dolore generato dall’artrosi. Per tutti i soggetti esistono invece alcuni accorgimenti relativi alla vita quotidiana: utilizzare calzature adatte alla propria attività può ridurre il fastidio generato dalla patologia, o anche il supporto, nei pazienti più anziani, di presidi di deambulazione come il classico bastone di sostegno. In alcune tipologie di artrosi è molto utile la fisioterapia, con alcune terapie strumentali in grado di cancellare il dolore, pur non andando a risolvere la patologia a livello strutturale.

Per i pazienti più giovani, il rafforzamento muscolare è particolarmente consigliato: far lavorare l’articolazione in maniera corretta, con un supporto più solido, migliora i sintomi già presenti e rallenta inoltre l’evoluzione della patologia artrosica.

I trattamenti farmacologici

Sempre con il supporto di un medico, che deve prescrivere questi farmaci, a volte la via scelta è quella degli analgesici e degli antinfiammatori, che possono essere somministrati per via orale, intramuscolare o direttamente sulla cute.

In alcuni casi c’è chi decide di sottoporre il paziente a delle infiltrazioni di acido ialuronico o, nei casi più gravi, addirittura di cortisone.

Bisogna inoltre ricordare che quando l’artrosi interessa la colonna vertebrale può essere spesso confusa con un banale mal di schiena: il dolore, infatti, in questi frangenti è praticamente identico a quello del celebre “colpo della strega”, perché l’interessamento della colonna lombo-sacrale porta a episodi di lombalgia acuta e di lombosciatalgia.

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La coxartrosi: obiettivo primario è proteggere le anche

La coxartrosi è una delle forme di artrosi più delicata da affrontare. Si tratta infatti di quella che colpisce l’anca, una delle articolazioni più grandi del corpo, costituita dalla testa del femore e dall’acetabolo del bacino. Queste due parti sono ricoperte di cartilagine e tutta l’articolazione è avvolta da un rivestimento chiamato sinovia, che produce una piccola quantità di fluido in grado di lubrificare l’articolazione, riducendo l’attrito tra le cartilagini di rivestimento.

L’artrosi dell’anca determina il deterioramento di questa cartilagine: alla luce delle dimensioni delle ossa, in questi casi la generazione degli speroni ossei (osteofiti) è estremamente frequente. Le ossa crescono verso l’esterno, il dolore aumenta, la mobilità dell’articolazione si riduce e di conseguenza diventa più difficile svolgere le attività quotidiane.

Come intervenire

Ridurre l’impatto della sintomatologia della coxartrosi è possibile con alcuni accorgimenti. Quello principale riguarda il peso: si stima che, per ogni chilo perso, la pressione sull’anca possa diminuire fino a 7 chili. Si consiglia di praticare sport poco stressanti, come nuoto o ciclismo, evitando attività che invece generano un impatto molto più rilevante come corsa e tennis. La fisioterapia, con l’esecuzione di esercizi specifici, aiuta a migliorare la flessibilità e la mobilità, oltre a rinforzare i muscoli delle gambe. Il programma è generalmente tarato sulle esigenze individuali del paziente. Soltanto nei casi in cui i trattamenti non invasivi non bastano ad alleviare il dolore, si può procedere con la sostituzione totale o parziale, che prevede un inserimento di protesi. Esistono poi trattamenti chirurgici meno invasivi, come gli interventi in artroscopia (si effettuano piccole incisioni per riparare le anomalie dell’anca grazie alla guida di microcamere) e le osteotomie, in cui si interviene nella zona per correggere eventuali irregolarità.

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