Ogni anno in Europa muoiono 400mila persone di morte improvvisa, 5 milioni nel mondo. Si stima che un terzo di queste morti derivi da aritmie ventricolari causate da anomalie cardiogenetiche, come la Sindrome di Brugada. Di questa patologia e di altri argomenti si è parlato nel convegno Next Generation Cardiologist (nella foto grande di Ettore Loi) che si è tenuto nei giorni scorsi nel cuore della terrà della longevità, Villagrande, in Ogliastra, organizzato da Carlo Balloi, direttore della Cardiologia dell'Asl di Cagliari (foto in alto a destra).

Si è discusso dei grandi passi avanti fatti nel campo della medicina cardiologica, del miglioramento dei device sempre più semplici e meno invasivi. Tante novità anche nelle terapie sullo scompenso cardiaco con farmaci che stanno cambiando la qualità della vita dei pazienti cardiopatici. E ancora terapie contro il colesterolo che sui pazienti colpiti da infarto riducono notevolmente possibilità di recidive.

Tra gli interventi dei luminari, la lettura magistrale del professor Carlo Pappone, Responsabile dell’Unità Operativa di Aritmologia Clinica e del Laboratorio di Elettrofisiologia all’IRCCS Policlinico San Donato di Milano, tra i pionieri degli studi sulla sindrome di Brugada e noto a livello internazionale per il suo approccio avanguardista in ambito elettrofisiologico.

In Italia ogni anno muoiono di morte improvvisa circa 60mila pazienti e la Sindrome di Brugada è responsabile per la gran parte delle morti in giovane età. Si manifesta principalmente durante le ore di riposo e sonno, colpisce più frequentemente uomini tra i 30 e i 40 anni. È stato sottolineato dal professore come essendo una malattia genetica è indispensabile, qualora vi sia stato un caso in famiglia, valutare gli altri membri a rischio potenziale.

Si tratta di una patologia cardiaca genetica ereditaria caratterizzata da un malfunzionamento della membrana che riveste il cuore che provoca aritmie, palpitazioni, sincopi fino all'arresto cardiaco. La problematica principale legata a questa malattia è il fatto che l'arresto cardiaco può presentarsi all'improvviso senza dar alcun segnale premonitore.

Fino a qualche anno fa ai pazienti a maggior rischio con la sindrome di Brugada veniva impiantato un defibrillatore interno. Un salvavita in grado di interrompere un'aritmia fatale impedendo l'arresto con una scarica elettrica. Una strategia efficace ma con potenziali effetti collaterali soprattutto sulla qualità della vita dei più giovani: doverlo portare tutta la vita, sostituire la batteria dopo qualche anno, rischio infezioni. Insomma, una terapia palliativa e non curativa.

È cosi che gli studi degli ultimi anni si sono soffermati sulla necessità di individuare i meccanismi della malattia per offrire una strategia terapeutica e prevenire la morte improvvisa.

Federica Melis

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