In Sardegna vince l’alternanza, ancora una volta. E l’alternanza ha un nome e un cognome: Alessandra Todde, sarda di Nuoro. L’effetto-Soru «alleato del centrodestra» (il tormentone nel “campo largo” per mesi) non c’è stato. Di sicuro, l’effetto-Cagliari ha pesato come un tram in corsa per Paolo Truzzu, chiamato a riverniciare, nel nome di Giorgia Meloni, l’ultima legislatura. Ma chi vince, vince di suo. E Alessandra Todde, prima donna sarda a Villa Devoto (non è detto che sarà la sua casa), esponente di spicco del Movimento 5 Stelle, ha il merito di aver portato al successo un’alleanza solida oltre le aspettative. Dribblando le polemiche sulle primarie mancate e i dubbi iniziali dei Progressisti (soriani della prima ora), poi dritti alla meta.

«Sulle rinnovabili fermeremo le speculazioni: serve una moratoria», fondata anche su «un rapporto nuovo con gli enti locali». Lo ha detto in campagna elettorale, ribadito nel seguitissimo “faccia a faccia” finale su Videolina, lo ha ripetuto anche ieri a mezza mattina nella seconda conferenza stampa (la prima qualche ora prima, nel cuore della notte) da presidente della Regione. «Non siamo una colonia, il deposito delle scorie nucleari non si farà in Sardegna».

Ma, sono parole di Alessandra Todde, «la gente è stanca di ascoltare le chiacchiere della campagna elettorale. È il tempo della concretezza». Aspettiamo fiduciosi. Anche sull’impegno per una Giunta regionale «competente e capace».

Per settimane il voto in Sardegna, il primo di un 2024 che guarda alle Europee, ha catturato l’attenzione di un Paese intero. Sullo sfondo i giri di valzer tra Solinas e Truzzu, che si sono pestati i piedi a distanza, loro e per interposta persona, ma anche le gufate degli analisti politici sulla tenuta dell’alleanza in salsa sarda tra M5S e Pd. Hanno avuto torto. Così come sono stati smentiti i sondaggi che, a lungo, premiavano con qualche punto percentuale il sindaco di Cagliari. La Sardegna non è più un laboratorio del centrosinistra. È la base solida di un progetto politico che può guardare con fiducia alle prossime scadenze elettorali. Su tutte, per quanto riguarda l’Isola, le Comunali di Cagliari e di Sassari. Elly Schlein e Giuseppe Conte non si erano incrociati nell’Isola durante la campagna elettorale, ma si sono spesi con convinzione, cogliendo un consenso cresciuto nella settimana che ha preceduto il voto. E si sono ritrovati l’una accanto all’altro, con al centro Alessandra Todde, a festeggiare. Il Pd, grazie anche alla spinta dei sardi, confida di rosicchiare qualcosa nel divario con FdI, locomotiva di un centrodestra che va verso il tagliando. E Giuseppe Conte, mattone dopo mattone, sta costruendo la casa di un Movimento che assomiglia sempre di più a un partito vero. Sembrava impossibile uscire dal blog, l’ex premier ci è riuscito e ora si gode il momento. È stato lui a giocare la golden share per la corsa alla presidenza, perdendo forse qualche pezzo attorno al tavolo verde del campo largo, ma finendo per sbancare la prima Regione con vista sul voto europeo.

Festeggiata la vittoria, Alessandra Todde è chiamata a ripagare la fiducia che quasi la metà dell’elettorato le ha accordato. Dietro il successo c’è la bocciatura (anche se per una manciata di voti) di una stagione politica, ma anche le aspettative create da una donna-manager con i pentastellati dal 2019: candidata alle Europee, sottosegretaria allo Sviluppo economico nel Conte II, vicepresidente del Movimento 5 Stelle, deputata e, ora, presidente della Regione Sardegna. La sanità è in cima alla lista dei pensieri. Non per accompagnare nuove riforme: bastano e avanzano le ultime due (una dietro l’altra, centrosinistra prima e centrodestra poi) ma «per dare un segnale forte sì». Scopriremo presto quale. Dai trasporti all’energia, dalle attività produttive alla cultura, «ma anche la riforma elettorale». E un’attenzione nuova «per tecnologia e digitale».

Ecco, ci sentiamo di chiedere una cosa, con cinque anni d’anticipo. Evitiamo alla Sardegna una nuova umiliazione su scala nazionale per lo spoglio delle schede. Una vergogna che si è ripetuta, nonostante l’impegno di tanti ma non di tutti. E grazie a chi ha lavorato con passione, anche nei seggi, per una paghetta di 4 o 5 euro l’ora. Il Governo Meloni, per il 2024, aveva previsto un aumento del 30% per presidenti e scrutatori. La Regione Sardegna non è riuscita ad applicarlo. Sempre paghetta sarebbe stata, ma forse con una carezza di dignità. Peccato.

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