«Alessandra Todde non perde occasione per dimostrare il proprio totale dispregio delle istituzioni autonomistiche, che pensa di poter serenamente vilipendere in diretta televisiva con improbabili quanto scivolosi paragoni con suoi sedicenti dipendenti».

Questa la dura replica del governatore uscente della Sardegna Christian Solinas ad Alessandra Todde, che in questi giorni ha lanciato strali sulla giunta di centrodestra sia per quanto riguarda le nomine e le delibere adottate a suo dire “last minute” sia sull’operato complessivo dell’amministrazione a fine mandato.

«Il Presidente della Regione, chiunque esso sia, nel nostro ordinamento democratico non è certo un dipendente alla mercé del suo giudizio o peggio del suo licenziamento e bene farebbe ad avere rispetto di quel ruolo che probabilmente, seppure di stretta misura e senza la legittimazione ampia di molti suoi predecessori, andrà a ricoprire», afferma Solinas. Aggiungendo: «Magari, esercitandolo, imparerà anche a distinguere le funzioni di direzione politica da quelle di direzione amministrativa e scoprirà con un certo stupore che esiste una differenza tra chi deve programmare le risorse in Regione (e lo ha fatto) e chi ha la responsabilità della spendita effettiva delle risorse programmate attraverso atti gestionali che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, cioè i dirigenti».

E ancora, prosegue Solinas, «nell’ostentazione scomposta della sua sicumera Todde per il momento ha dimostrato soltanto una discreta superficialità, malcelata a stento dall’aggressività dei suoi strumenti comunicativi».

Poi una risposta anche all’affermazione di Todde (ieri sera, su Rai 3) sui 3 miliardi di euro non spesi dalla giunta uscente e sul fatto che, come ha detto, «io, da imprenditrice, se qualcuno della mia azienda non li avesse valorizzati, lo avrei sicuramente cacciato». Al proposito Solinas replica: «Quanto a me, che non ero e non sono candidato a niente, posso solo rallegrarmi del fatto di non essere stato un dipendente di una sua azienda perché verosimilmente – tra richieste di fallimento da parte dei revisori e concordati preventivi – avrei vissuto nella precarietà e con gli ammortizzatori sociali. Ed in tutta onestà devo dire che davanti ad un datore di lavoro simile sarebbero arrivate certamente prima le mie dimissioni del suo licenziamento».

(Unioneonline/l.f.)

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