Renzi torna in pubblico a Rimini: "Per evitare il caos ci serve il 40% dei voti"
Non indica una data precisa per le elezioni - non sarebbe un gesto rispettoso nei confronti del presidente del Consiglio (che non viene mai nominato), né sarebbe cosa gradita dal Quirinale - ma la campagna elettorale di Matteo Renzi è iniziata.
"Da qui a un anno prima o poi si vota. L'unico modo di evitare le urne è dichiarare guerra, ma questo mi pare una soluzione un po' forte", dice dal palco di Rimini.
Il Pd aspetterà fino al 13 di febbraio, quando il segretario riunirà la direzione nazionale.
Sarà l'occasione per verificare i risultati del dialogo con le altre forze politiche sulla legge elettorale.
Se non avrà dato i frutti sperati, si andrà a votare con la legge venuta fuori dalla Consulta.
Le discussioni sulle regole del gioco e sui tempi del ritorno alle urne, attacca il segretario Pd, sono in realtà solo "autentici specchietti per le allodole".
La posta in palio, nel suo ragionamento, è il futuro.
O il Pd fa sul serio o l'Italia rischia di giocare "una partita di serie B". Nessun inciucio e nessun listone, quindi. Certo, sottolinea ironico, "tutti quelli che temevano il rischio autoritario ora temono le larghe intese. Mettiamoci d\'accordo: o abbiamo paura dell'uomo solo al comando o delle larghe intese, di tutte e due non è possibile", ma lancia la sfida.
C'è "un modo per poter evitare il caos: arrivare al 40% - dice - Possiamo farlo noi o gli altri".
Due volte il Pd ha superato il 40%, ricorda Renzi.
È successo alle Europee "ed è stata una grande vittoria".
È successo poi anche al referendum, "ed è stata una grande sconfitta", che "ancora fa male, livida", ma il punto non cambia: "siamo abituati ad arrivarci" e "possiamo farlo se smettiamo di pensare solo al nostro ombelico".
La gran parte degli amministratori dem applaude. Non tutti, però, in platea, la pensano come il segretario.
Non Matteo Richetti che bolla come "irresponsabile" la scelta di andare al voto con una legge che rischia di "creare una paralisi" e "mettere in difficoltà" anche il presidente della Repubblica "che non saprebbe a chi dare l'incarico".
E nemmeno Roberto Speranza. Il leader della minoranza Pd raggiunge Rimini dopo essere stato a Roma alla convention di Massimo D'Alema.
L'ex premier ha da poche ore lanciato la chiamata alle armi della sinistra, lanciando la raccolta fondi "per ogni evenienza" e urlando al "liberi tutti" in caso si andasse subito al voto.
Il segretario Pd decide di non ingaggiare un duello a distanza.
"I giornalisti qui presenti si aspettano che replicheremo a qualche altra assemblea... peccato, vi è andata male. Ritentate la prossima volta", si limita a dire.
Ma la sua convinzione "con buona pace di qualche nostro compagno", è che la prossima competizione elettorale "sarà sostanzialmente a tre".
Gli avversari, insomma, rimangono Grillo e il centrodestra.
Renzi non risparmia colpi bassi. Salvini? Uno "squallido sciacallo" che un minuto dopo la tragedia di Rigopiano "butta fango sulla protezione civile e sui soccorsi".
Grillo? Lo "spregiudicato pregiudicato" che "dall'ultimo villaggio turistico alla moda in Africa, l'ultimo dell'anno" parla di povertà, leader di un movimento che altro non è che "un salto nel buio che porta diretto nel tunnel delle scie chimiche".
Riprendere in mano la guida del Paese per cambiare la rotta a Bruxelles, questa la scommessa.
Anche perché, è la sottolineatura, "o l'Italia prende per mano l'Ue e la guida o rischia di essere un vaso di coccio".
Perché se è vero che "lo 0,2 è solo un prefisso per chi chiama da fuori Milano", è vero anche che dopo il summit di Ventotene a marzo, "quando si poteva cambiare pagina, qualcosa si è rotto".