«Non sono candidato, ma candidabile».

Il governatore non lascia. Anzi, vorrebbe raddoppiare: «Credo che l'insieme delle cose fatte e dei progetti avviati prenda il verso del mantenimento di quella che è una prassi consolidata, cioè una continuità e una stabilità nel nel Governo».

Christian Solinas, nell’incontro di fine anno a Villa Devoto, ha rivendicato il lavoro svolto nella legislatura che si avvia a conclusione: «Chiaramente ci sono delle interlocuzioni politiche necessarie: è un fatto democratico. Però chi rivendica la discontinuità si assume l'onere di richiedere un cambio che non ha precedenti in letteratura al momento in Italia. Una richiesta di discontinuità sulla quale a mio avviso non ci sono le condizioni e nemmeno le ragioni per chiederla in forza di un ragionamento politico o programmatico, ma semplicemente per una logica di potere spartitorio. Cioè serve mettere una bandierina in più perché questa bandierina deve testimoniare una diversa organizzazione delle percentuali delle forze in campo. Pesa forse la forza elettorale, ma non misura certo una maggiore capacità di governo indimostrata e indimostrabile. Quindi nel complesso non sono io a dovermi ricandidare. Io fino alla fine di questa legislatura farò il presidente della Regione con responsabilità, cercando di portare a compimento tutto quello che è stato fatto. La politica ha il compito di definire questi percorsi».

Quindi è pronto a una ricandidatura? «Non sono d’accordo che si usi la Sardegna per riequilibrare situazioni nazionali, mi opporrò al riequilibrio delle bandierine. Quando Truzzu, con cui i rapporti sono ottimi, è stato candidato a Cagliari FdI era al 4 per cento, la Lega al 38 per cento e non si oppose. Tendenzialmente la definizione di questi percorsi è sempre stata nel senso di una continuità e una stabilità della formula di governo sia nelle Regioni che nei Comuni».

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