Referendum, caccia al quorum: la scelta di Meloni diventa un caso
Boccia (Pd): come andare allo stadio e non vedere la partita. Tajani: mi asterròPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
A pochi giorni dai referendum dell’8 e 9 giugno la questione, più dell’esito del voto, rimane il quorum. Non è scontato che si raggiunga la partecipazione necessaria perché la consultazione sia valida, cioè che almeno la metà degli aventi diritto più uno vada alle urne. Anzi, da ieri è necessario specificare: che almeno metà degli aventi diritto più uno vada alle urne e voti. Giorgia Meloni, ad esempio, farà una cosa ma non l’altra: «Vado a votare ma non ritiro la scheda, è una delle opzioni», ha detto ai giornalisti a margine della Festa della Repubblica.
Una posizione insolita: formalmente un omaggio al costume democratico di andare alle urne, sostanzialmente un invito a boicottare le consultazioni, visto che non ritirare la scheda è un gesto che intacca il quorum esattamente come il non presentarsi alle urne.
E nel centrodestra in molti difendono la «legittimità» della scelta, con il vicepremier azzurro Antonio Tajani che annuncia l’intenzione di astenersi e il ministro per i rapporti col Parlamento Luca Ciriani, FdI, che argomenta: «L’astensione è una forma di partecipazione al voto, il referendum la prevede altrimenti non ci sarebbe il quorum. Il suo raggiungimento è un obiettivo politico, non raggiungerlo è una scelta politica come le altre».
L’opposizione la pensa in modo molto diverso: il leader M5S Giuseppe Conte trova «vergognoso» che la premier annunci l’astensione, in particolare mentre si celebra la scelta referendaria degli italiani per la Repubblica. E per la segretaria del Pd Elly Schlein il «vado a votare ma non voto è una presa in giro agli italiani».
Sarcastico il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia: «È come andare allo stadio e non vedere la partita».
L’articolo completo di Celestino Tabasso su L’Unione Sarda oggi in edicola e sull’App Digital