In vista del voto del 4 marzo, è sempre più difficile per gli elettori districarsi tra programmi, annunci e promesse dei vari politici in corsa.

Il nodo non è soltanto la governabilità del Paese connessa alla legge elettorale vigente, ma la ricetta economica per amministrare l'Italia nei prossimi anni.

Se le proposte politiche in campo siano realmente fattibili, soprattutto dal punto di vista della sostenibilità finanziaria, lo abbiamo chiesto al professor Giovanni Razzu, preside di Economia all'Università londinese di Reading. Originario di Sorso, da quasi vent'anni si è stabilito nel Regno Unito per dedicarsi alla ricerca (in cui è considerato tra i migliori), dopo essere stato consigliere economico per i governi di Tony Blair e Gordon Brown e aver collaborato con Theresa May quando era ministro dell'Interno.

Professore, come trova l'Italia dal punto di vista economico?

"Sotto molti punti di vista è messa meglio rispetto ad alcuni anni fa e se fossi adesso un giovane in Italia sarei più ottimista. I dati macroeconomici fotografano un Paese in cui c'è più crescita economica e dove l'occupazione lentamente aumenta, anche se mi rendo conto che agli occhi di chi cerca lavoro e vive in una realtà difficile come la Sardegna questo trend non è così evidente. Restano problemi strutturali e radicati, che esistono da tempo e sono via via diventati più importanti, il primo dei quali è la diseguaglianza economica e la mancanza di mobilità sociale, due elementi distinti tra loro eppure connessi".

E c'è il debito pubblico...

"Un fattore che condiziona ogni scelta di politica economica, insieme al rapporto con l'Unione Europea, che a sua volta determina l'azione di governo e la leva fiscale. Oggi il debito pubblico è tra il 130% e il 132% del PIL nazionale, e le varie forze politiche in lizza puntano a un suo assestamento nei prossimi anni al tetto del 100%. Un traguardo raggiungibile a patto che si trovi l'equilibrio giusto tra quanto spendiamo e quanto lo Stato ricava dalla tassazione".

L'Italia ha fatto molti sforzi in termini di politiche di bilancio. Ma la crescita stenta.

"Dal 2009 al 2016 l'Italia ha avuto un avanzo primario dell'1,2%, ovvero la differenza tra entrate e spese al lordo degli interessi sul debito pubblico, ma tutto questo è stato ottenuto al prezzo di una riduzione degli investimenti pubblici attorno al 30%, con le controverse politiche di austerity che hanno ridotto il nostro potenziale di crescita, senza peraltro generare un'inversione di tendenza del nostro debito".

Il rigore non è bastato: dov’è l'inghippo? Siamo stati bravi ma non abbastanza?

"Il rapporto debito/PIL non può ridursi alle sole politiche di austerity e a dirlo oggi è lo stesso Fondo monetario internazionale che ha cambiato parere rispetto a tempo fa. Il punto è che l'Italia deve continuare a incentivare la crescita e stando ai programmi elettorali la questione è prioritaria per tutte le forze politiche".

Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan
Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan
Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan

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LE MISURE FISCALI PROPOSTE DALLE VARIE FORZE POLITICHE

La flat tax è la proposta del centrodestra, con marcate differenze tra Lega e Forza Italia, e punta sul passaggio da un sistema fiscale ad aliquota progressiva a proporzionale, sostituendo il sistema di scaglioni su cui si calcola l'Irpef da circa 40 anni con un’imposta unica sia per famiglie sia per le imprese: al 15% è la proposta della Lega, tra il 23 e il 20% quella di Forza Italia, con una no tax area e ulteriori deduzioni per i redditi più bassi. Una vera e propria rivoluzione fiscale da sostenersi, secondo i promotori, con la curva virtuosa di emersione dell'economia sommersa che ne deriverà. Il Movimento 5 Stelle prevede nel programma una riduzione delle aliquote e dell'Irap, esenzione totale per redditi fino a 10mila euro, cancellazione delle agevolazioni fiscali per i redditi più alti e taglio al cuneo fiscale. E pure il Partito Democratico, che bolla come 'mirabolanti' le proposte degli avversari e punta sullo slogan 'una famiglia, un assegno', ovvero 240 euro di detrazione mensile Irpef per i figli a carico fino ai 18 anni, valida per tutte le fasce di reddito fino a 100mila euro, mentre per le imprese rilancia la riduzione del costo del lavoro attraverso il taglio dei contributi di 4 punti, dal 33% al 29.

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Come vede le varie proposte economiche dei partiti italiani?

"Al di là delle differenze programmatiche, tra linee generali di politica economica e proposte specifiche come la flat tax, è difficile capire quali costi siano associati ai vari programmi e sarebbe necessario far comprendere agli elettori le precise coperture finanziarie".

Flat tax: è credibile nella situazione italiana?

"Non solo non è credibile, ma dal mio punto di vista non è assolutamente auspicabile, mi sembra una mossa tipica da campagna elettorale, un'operazione di marketing per catturare voti. L'obiettivo è incentivare la crescita e favorire l'emersione dell’economia sommersa semplificando il sistema, ma non si danno dettagli su come realizzarlo, non si citano gli studi fatti nei Paesi in cui la flat tax è stata introdotta, come l'Islanda che l'ha adottata e abolita dopo tre anni, la Romania o la Russia, né si citano le analisi di simulazione, che analizzano gli effetti potenziali dell'introduzione".

Silvio Berlusconi al no tax day di Forza Italia
Silvio Berlusconi al no tax day di Forza Italia
Silvio Berlusconi al no tax day di Forza Italia

Cosa dicono questi studi?

"In entrambi i casi i risultati non sono favorevoli e nemmeno attribuiscono alla flat tax i benefici fiscali decantati, perché il problema non è tanto nella riduzione delle aliquote quanto piuttosto nella base imponibile che si indica, oltre al fatto che inserendo esenzioni come propongono sia Forza Italia sia Lega l'effetto semplificativo ricercato non si ottiene più. Tutti questi studi concordano invece su un punto, e cioè nel dire che la flat tax aumenterebbe le diseguaglianze economiche aiutando i redditi più alti, come ammesso persino da due dei suoi primi promotori, gli economisti di Stanford Robert Hall e Alvin Rabushka che nel 2007 l'hanno definita come 'un favore alle élite economiche'. Io aggiungo che se i redditi bassi saranno esentati e quelli alti pagheranno meno di ora, alla fine a farne le spese maggiori saranno le classi medie".

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PENSIONI

In materia di previdenza sono centrodestra e Movimento 5 Stelle ad avanzare le proposte più radicali, ovvero l'abolizione della controversa legge Fornero varata nel 2011 per ridurre la spesa previdenziale. Per Matteo Salvini l'obiettivo è abbassare di un triennio l'età pensionabile - oggi a 67 anni - e slegarla dalla speranza di vita. Per Luigi Di Maio è introdurre la 'quota 41', ovvero la possibilità di andare in pensione indipendentemente dall'età dopo 41 anni di lavoro, mentre per il Pd la linea è quella della continuità con l'azione di governo degli ultimi anni. Da segnalare, poi, la battaglia sulle pensioni minime, da portare a un minimo di 780 euro per 5 Stelle, 650 per i democratici e 1000 euro per Forza Italia.

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Pensioni: il leitmotiv di tutte le campagne elettorali italiane, c'è una ricetta risolutiva?

"Anche su questo fronte mi trovo scettico, non sono convinto che la soluzione sia rompere il meccanismo di adeguamento dell'età pensionabile alla speranza di vita. In Paesi come l'Italia il dato fondamentale è l'invecchiamento della popolazione: nel 2050 ci saranno più lavoratori anziani che giovani, ma per invertire questa tendenza l'unica soluzione è far crescere la popolazione attiva, anche attraverso l'immigrazione. Poi c'è da considerare che questa mossa avrebbe come effetto quello di ridurre il valore delle pensioni, il cosiddetto tasso di sostituzione (rapporto tra pensione e ultimo stipendio). Infine, la spesa pensionistica rappresenta già oggi la voce principale della spesa pubblica, in Italia come altrove, e abolire la vigente legge Fornero costerebbe una cifra attorno ai 140 mdl di euro".

Il pianto di Elsa Fornero mentre il premier Mario Monti illustra la manovra economica 2011
Il pianto di Elsa Fornero mentre il premier Mario Monti illustra la manovra economica 2011
Il pianto di Elsa Fornero mentre il premier Mario Monti illustra la manovra economica 2011

REDDITI DI CITTADINANZA E DI DIGNITA’

Sono le misure pensate per colmare il gap tra i redditi e le soglie di povertà, punto fermo del Movimento 5 Stelle, che l'ha proposto a più riprese in Parlamento, e oggi anche di Forza Italia. In sintesi si tratta di un intervento dello Stato a favore di chi vive al di sotto di una determinata soglia di reddito: ad esempio per i 5 Stelle una famiglia di tre persone in cui i genitori siano a reddito zero con un figlio a carico l’assegno sarebbe pari a 1560 euro al mese, o una coppia di pensionati con un reddito di 800 euro mensile avrebbe diritto a un'integrazione di 370 euro. Per Silvio Berlusconi l'obiettivo è garantire un reddito minimo di 1000 euro mensili, con una somma variabile in base al numero di figli a carico e alle zone del Paese in cui si risiede.

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Anche qui il nodo sono le coperture finanziarie e la fattibilità. Cosa ne pensa?

"L'attenzione al tema della diseguaglianza è senz'altro positivo. Mi sono reso conto di quanto sia urgente lavorando come consigliere economico di Tony Blair e poi di Gordon Brown, e in commissioni ad hoc con il ministro per l'Uguaglianza Harriet Harman, al motto di 'non ci interessa quanto più ricco diventa David Beckham ma quanto i bambini inglesi saranno meno poveri'. Perché anche la povertà infantile sta diventando un problema strutturale e continua a crescere.

Quindi è d'accordo con le proposte dei politici italiani?

"Ben vengano, purché siano realistiche e non si fermino alle promesse elettorali. Ci sono differenze tra Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Partito Democratico soprattutto quanto a fattibilità e sostenibilità: i 1000 euro di Berlusconi costerebbero 77 miliardi e quei benefici potrebbero andare anche a chi non è realmente povero, chi non presenta denuncia redditi o evade; il reddito di cittadinanza dei 5 Stelle è molto ambizioso e tocca una popolazione piuttosto ampia, resta però nebuoloso dove trovare le risorse; quanto al PD e le detrazioni Irpef di 240 euro mensili per i figli a carico fino a 18 anni e 80 euro per quelli fino a 26, sono sicuramente meno eclatanti e meno costose (circa 10 miliardi di euro), ma secondo gli studi Euromod più credibili ed efficaci nel ridurre il coefficiente di diseguaglianza e nella redistribuzione della ricchezza".

Marcia del Movimento 5 Stelle per il reddito di cittadinanza
Marcia del Movimento 5 Stelle per il reddito di cittadinanza
Marcia del Movimento 5 Stelle per il reddito di cittadinanza

EUROPA

Entrando nel vivo della campagna elettorale è mutata un po’ per tutte le forze politiche la posizione nei confronti delle istituzioni europee, se anche il Movimento 5 Stelle ha fatto dietrofront rispetto alla proposta di referendum per l'uscita dall'euro. Tra proposte più o meno nette, che vedono inamovibili 5 Stelle e Lega, anche per Pd, FI, Lega, Fratelli d'Italia, Noi con l'Italia e Liberi e Uguali, resta la linea ferma contro il Fiscal Compact, ovvero il trattato tra i Paesi dell'eurozona che impone regole per contenere il debito pubblico, accusato di essere la causa primaria dell'austerità che 'strozza' l'economia.

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Nella trattativa con la UE che margini ha secondo lei l'Italia?

"È senz'altro difficile, ma non impossibile, anche in relazione a quanto sta succedendo in altri Paesi: dalla Francia di Macron, che si è ripresa il suo ruolo di leader nella compagine europea, alla Germania della Grosse Koalition, che avrà alle Finanze un socialdemocratico e quindi sarà meno rigida quanto a Fiscal Compact e politiche di austerity. La direzione verso cui si potrebbe andare è quella di un'unione fiscale avanzata, ad esempio con gli eurobond per finanziare i debiti, ma l'esigenza primaria è quella di trovare un meccanismo nuovo per reagire agli choc economici che toccano in modo asimmetrico i vari Stati, come la recente crisi economica, senza irrigidire le singole politiche fiscale e strozzare la crescita. Sono fiducioso, l'Europa in tanti anni di storia ha saputo rinnovarsi e riformarsi tante volte, anche radicalmente".

Uscendo dallo scenario italiano, a che punto è Brexit?

"Confesso di essere ancora piuttosto sconvolto, ma non tanto sul piano economico, quanto perché viene meno quel concetto europeista per cui molti come me sono venuti qui sentendosi parte di un tutto, che ora è crollato. Siamo entrati nella delicatissima seconda fase e bisogna decidere se e come lasciare il mercato unico e l'unione doganale, negoziando accordi commerciali con tutti i Paesi membri. Restano problemi enormi come introdurre la frontiera con l'Irlanda, e soprattutto l'equilibrio interno al partito di Governo, con la parte minoritaria e più conservatrice dei Tories che potrebbe far cadere Theresa May. Dal canto suo la UE deve rimanere ferma, cedere troppo su temi come l'unione doganale o la fase di transizione creerebbe un pericoloso precedente".

La premier britannica Theresa May
La premier britannica Theresa May
La premier britannica Theresa May

In Sardegna si parla di insularità e zona franca.

"Sono andato via dalla Sardegna nel 2000, ma torno tutti gli anni almeno due o tre volte, e in questo tempo ho visto senz'altro cambiamenti in positivo, ma ho potuto toccare anche a livello familiare gli effetti della crisi e della disoccupazione. L'insularità è un dato di fatto, una condizione che crea indubbi disagi economici e commerciali, ma se la soluzione proposta è l'introduzione della zona franca dico no in modo assoluto. C'è troppa enfasi sul tema delle zone economiche speciali, con l'idea che se si riducono le tasse si cresce, ma alle imprese non bastano misure fiscali a favore se attorno a loro manca un adeguato 'sistema' economico. Altrimenti l'effetto è il displacement (trasferimento), e tutti gli studi condotti dimostrano che queste zone speciali non creano lavoro addizionale. Insomma, la ricetta dello sviluppo non è magica né immediata, ma fatta di tante variabili, in primis il capitale umano, quindi naturalmente le infrastrutture e studi specifici su come sfruttare le risorse locali".

Barbara Miccolupi

(Unioneonline)
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