Come la Lega, anche il Movimento Cinquestelle ha dimezzato i voti rispetto al 2018, passando dal 32% al 15%.

Eppure, considerate le pesanti difficoltà in cui versava al nastro di partenza della campagna elettorale, Giuseppe Conte può decisamente tirare un sospiro di sollievo. E difatti gongola nelle sue prime dichiarazioni notturne: "Tutti ci davano in picchiata e la rimonta è stata significativa: siamo la terza forza politica e quindi abbiamo una grande responsabilità".

Il risultato è quasi un referendum sulla sua presidenza dopo i disastrosi numeri delle amministrative di giugno. A trainare il “successo”, grazie alla misura del reddito di cittadinanza, è stato quel Sud su cui Conte si è concentrato in campagna elettorale, facendo ben 25 tappe negli ultimi 15 giorni tra Campania, Puglia, Calabria, Basilicata e Sicilia. M5s, con numeri che superano il 30% e in qualche caso anche il 40%, resta il partito del Sud, a dispetto del tentativo di scrollarsi di dosso questo appellativo.

Il destino del Movimento era in bilico anche dopo la scissione di Luigi Di Maio. Una sfida nella sfida che ha trovato il suo emblema a Napoli, dove all’uninominale erano schierati Sergio Costa per i 5s e proprio il ministro degli Esteri. Risultato: il primo ha superato il 40%, il secondo si è fermato al 24,3% ed è rimasto fuori dal Parlamento. La sua creatura, Impegno civico, non ha raggiunto l’1%.

Ora il Movimento è pronto all'attacco del Pd che deve fare "mea culpa" per avergli chiuso la porta in faccia. "Il Pd - ha sottolineato Riccardo Ricciardi su La7 - ha la maggiore responsabilità politica della vittoria del centrodestra" perché ha chiuso i canali immediatamente dopo la caduta del governo, "ha chiuso a noi, a Calenda, è rimasto solo e questo è il risultato di una pessima gestione, Letta deve fare un grosso mea culpa".

(Unioneonline/D)

© Riproduzione riservata