Che il fenomeno dell’immigrazione sia divenuto, nel corso degli anni, ed in particolare da un trentennio a questa parte, uno dei punti nodali, se non proprio il punto nodale, del dibattito politico italiano, parrebbe non potersi revocare in dubbio, come pure parrebbe non potersi dubitare, parimenti, della circostanza per cui, di volta in volta, nel contesto accesissimo della campagna elettorale, le posizioni dei singoli partiti prima che delle coalizioni di rispettivo riferimento, tendano per così dire a estremizzarsi, evidenziando non solo i differenti punti di indagine e di potenziale soluzione, ma financo il differente approccio ideologico: a titolo esemplificativo, da ultimo, il Decreto firmato da Ministro Matteo Piantedosi, dovrà essere sottoposto alla attenzione della Corte di Giustizia a cagione del rinvio pregiudiziale operato dalla Suprema Corte di Cassazione in merito alla questione della cauzione dello importo di cinque mila euro che i migranti sarebbero tenuti a versare per non dover essere trattenuti, per così dire, nei cosiddetti CPR.

A ben considerare, pertanto, nel corso dei lunghi anni trascorsi, e nonostante la pregnanza del tema sulle differenti linee partitiche, ancora oggi, sia la gestione dell’immigrazione regolare, sia la predisposizione dei processi di integrazione, sia il controllo dell’immigrazione irregolare, appaiono tutte situazioni non ancora definite ed oggetto, in differente consistenza e modo, dei variegati programmi elettorali. Se tanta e tale parrebbe essere, dunque, l’attenzione per un fenomeno in crescendo continuo, come mai non sembrerebbe essersi ancora giunti ad un punto di approdo di carattere gestionale? L’interrogativo appare tutt’altro che di carente rilevanza, non foss’altro per le questioni e problematiche interne sulle quali parrebbe andare ad incidere. Intanto, perché, nei suoi numerosi regolamenti e direttive, l'Unione Europea, correttamente, si è impegnata ad individuare una legislazione condivisa, la cui concreta attuazione, specie in materia di asilo e migrazione in generale, parrebbe ricadere, come in effetti ricade, inevitabilmente, sulle iniziative degli Stati Membri, su cui ricade l'obbligo, non meno pregnante, di assicurare che la legislazione nazionale sia conforme sia al diritto comunitario nel suo complesso. Quindi, perché, nell’ambito di un Paese come l’Italia, avviato, secondo i più, sulla via del declino demografico, la predisposizione e conseguente applicazione di un piano strutturale e non emergenziale in tema di immigrazione, di un piano che punti, cioè, alla regolarizzazione dei flussi, dovrebbe essere una priorità assoluta. Infine, perché, sul piano squisitamente normativo, l'articolo 3 del Trattato sull'Unione Europea (TUE) prevede che l'Unione Europea, nel suo impegno a promuovere e proteggere i diritti umani in tutte le sue azioni, è a sua volta chiamata a conformarsi alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, ivi compreso il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite, tenendo in particolare considerazione i diritti dei minori. Se tali e di siffatta consistenza appaiono essere i principi cardine della materia, e se i vari Paesi Membri siano in qualche modo liberi di articolare la conformità del diritto interno a quello comunitario, risulta forse difficile comprendere come mai i diversi Governi succedutisi a tutt’oggi, non siano mai riusciti ad addivenire a soluzioni ferme sul punto. Se, infatti, il Centrodestra, parrebbe orientato a predisporre una gestione ordinata e razionale dei flussi legali, al suo interno, tuttavia, le diverse anime che compongono la coalizione, parrebbero distinguersi, anche se in maniera minima, nello indicare le modalità di specifico intervento se solo si considera che la Lega di Matteo Salvini dopo aver insistito sui cosiddetti decreti sicurezza, punterebbe sulla via della contrazione delle possibilità di conversione dei permessi e sulla difesa e sicurezza dei confini, mentre Forza Italia, dal canto suo, sembrerebbe maggiormente orientata nel senso di porre in essere un programma di gestione dei flussi a livello europeo attraverso la predisposizione di aiuti per l’Africa e per i paesi impegnati nei conflitti in corso. Il centro sinistra, da parte sua, pare invece aver costantemente manifestato il proprio favore verso la accoglienza e le politiche di inclusione sociale. Forse sarebbe il caso di intavolare un dibattito aperto e condiviso sul futuro dell’Europa la quale, parrebbe interessata da un vento di cambiamento che dovrà essere opportunamente gestito vista la necessità di orientare le “vele” dell’Unione verso nuovi orizzonti che, probabilmente, oramai, parrebbero sempre più vicini e necessitanti di una programmazione razionale in materia di inclusione e di accoglienza utile alla realizzazione di una Unione dei Popoli.

È tempo di azioni concrete e la azione politica dei vari Stati Membri dovrebbe prevedere tavoli condivisi di confronto sul superamento degli accordi di Dublino e sulla maggiore responsabilizzazione comune nella gestione dei sistemi di prima accoglienza. A distanza di anni, ancora a tutt’oggi, la immigrazione rimane sempre una tematica polarizzante ed estremamente divisiva, ed invero, probabilmente, tale non dovrebbe essere se solo si considera che andrebbe vissuta come opportunità di crescita e confronto siccome rilevante per la costruzione della Società del futuro prossimo e venturo in considerazione delle sfide anche di carattere economico che si affacciano alla attenzione dei Governi Europei. Le coalizioni di centro destra e di centro sinistra dovrebbero rinvenire punti di contatto tra le differenti istanze per portare il Paese Italia a livelli di eccellenza in materia di accoglienza. Le divisioni, nella situazione attuale, altro non farebbero se non indebolire il Governo Italiano rispetto alle dinamiche internazionali.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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