Durante l’intero periodo estivo siamo stati bombardati di notizie ed aggiornamenti sul “Green Pass” e sul contrastante sentire comune in argomento: strumento di tutela attraverso il quale garantire gli spazi di libertà conquistati, oppure mezzo coercitivo di repressione dell’auto-determinazione individuale? La questione, apparentemente banale e finalisticamente strumentalizzata da una certa parte politica di matrice confusamente destrorsa e distorta, nasconde autentiche criticità legate al fatto che nel nostro Paese, l’utilizzo della cosiddetta “Certificazione Verde”, si è progressivamente colorato di inaspettati contenuti normativi, utili e doverosi per alcuni (me compresa), contrari all’Ordinamento Interno ed allo spirito comunitario per altri in assenza di un obbligo vaccinale generalizzato.

Tanto più allorquando, sebbene “in nome del dovere di solidarietà verso gli altri (sia) possibile che chi (abbia) da essere sottoposto al trattamento sanitario (…) sia privato della facoltà di decidere liberamente”, tuttavia, “nessuno può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri” (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 118/1996). Ebbene, di modelli normativi fluidi ed opportunamente sfumati l’Italia, un tempo Tempio del Diritto, è Maestra, soprattutto in tutti quei contesti, quale quello in discussione, in cui il rispetto del principio di legalità formale e sostanziale si presti a cozzare potenzialmente, ed apparentemente, con l’esigenza di tutela delle libertà fondamentali. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto, considerato l’accesissimo dibattito ancora in atto, che si infrange ogni tentativo di ricondurre l’argomento a razionalità giuridica, siccome differente si manifesta all’attualità, e si è manifestato nel passato più o meno recente, nel sentire comune, il concetto stesso di “libertà”, affidato, il più delle volte, ad un processo di banalizzazione e di volgarizzazione del tutto idoneo a provocare una preoccupante, e per certi versi già in atto, frattura sociale ed antropologica. Eppure, per ritrovare una posizione di sano e consapevole equilibrio, basterebbe riflettere su un dato incontrovertibile: se si vuole continuare a vivere in comunità variamente organizzate, si deve essere disposti a seguirne le regole, anche e soprattutto in tutte quelle situazioni di potenziale esposizione a rischio della generalità dei consociati.

Non si può continuare ad accettare supinamente, e solo per mera opportunità politica di stabilità governativa, che sulla scia di grossolani quanto voluti (in molti casi) errori di prospettiva, si continui a “confondere” la razionalità di una misura di protezione (“Certificazione Verde”) introdotta in conseguenza dell’analisi accurata delle differenti ipotesi conoscitive, con la sua negazione ideologica fondata e giustificata sul preteso carattere autoreferenziale di tutela dei diritti dei singoli. Sarebbe, ed è, troppo comodo pretendere di discorrere di “libertà” solo quale condizione priva di vincoli e di limitazioni giacchè, “da che mondo e mondo”, la “libertà” di decidere in autonomia corrisponde all’agire secondo il proprio libero arbitrio ma con l’unico limite, evidentemente ignorato dai contestatori strumentali della “Certificazione Verde”, di non arrecare danno al nostro prossimo.

E’ sorprendente, a dir poco, che ancora oggi ci si debba ritrovare a dover insegnare a Taluni a fare buon uso dei propri diritti siccome, diversamente da quanto questi Taluni hanno mostrato e mostrano di ritenere, il confine tra l’esercizio della libertà individuale e l’esercizio dei diritti collettivi è talmente flessibile da favorire rappresentazioni distorte tra ciò che è realtà e ciò che è mera narrazione strumentale ideologicamente orientata a solo scopo elettorale. Intanto, perché il rispetto del disposto dell’articolo 32 della Costituzione costituisce, in questa specifica fase emergenziale, il limite sul quale parametrare tutte le situazioni giuridiche soggettive meritevoli di tutela. Quindi, perché, all’evidenza, non può che prevalere su ogni altro, nella specifica circostanza in esame, il diritto alla salute individuale e collettiva. Infine, perché la scelta tra obbligo e mera raccomandazione vaccinale, diversamente da quanti vogliono colpevolmente ritenere, costituisce, in realtà il vero punto di sintesi tra due contrapposte esigenze: quella relativa alla necessità di preservare, per quanto possibile, la autodeterminazione dei singoli, e quella relativa, invece, alla necessità di garantire la tutela della salute tanto individuale quanto collettiva.

Ogni questione, risibile invero, che prescinda da siffatte semplici valutazioni sta evidentemente a zero e costituisce, a mio modestissimo avviso, la rappresentazione plastica di una visione ottusa e severa del modo di concepire la società e le sue regole. L’attuale paradigma emergenziale di intervento prescelto dalla maggioranza di Governo, e quindi dall’unico decisore politico al quale, nonostante tutto, anche quella certa parte di classe dirigente destrorsa ha dovuto, forse suo malgrado ma non credo, sottomettersi, si distingue per ragionevolezza e proporzionalità ed appare incontestabile se parametrato al dato tecnico scientifico scaturente dal monitoraggio della curva epidemica. La salute collettiva è più importante di quella dei singoli. Il che significa, per converso, e parallelamente, che la libertà collettiva è più importante di quella dei singoli. Limite e contro-limite sono due facce autentiche e parimenti astrattamente valide della medesima medaglia. Non si può concepire l’una senza considerarne proporzionalmente l’altra.

Per fare definitivamente chiarezza in argomento sarebbe utile che il Governo, e per esso Mario Draghi costituendone la massima espressione, chiarisse una volta per tutte, ponendo fine a inutili contestazioni, che: 1) il D.L. 105/2021 istitutivo del “Green Pass” è un atto avente forza di legge e per ciò stesso vincolante; 2) lo stesso D.L. non viola, in alcun modo, il disposto dell’articolo 16 della Costituzione; 3) la “Certificazione Verde” non si pone neppure come limitazione alla libertà di spostamento; 4) quella medesima “Certificazione” non costituisce un obbligo indiretto di vaccinazione considerato che può ottenersi anche con un semplice tampone; 5) il “Green Pass” non contrasta con il regolamento UE 953/21, siccome “in conformità del diritto dell’Unione, gli Stati Membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica”.

Ebbene, alla luce della riflessione testè condotta, io credo che la tanto vituperata “Certificazione Verde” sia un autentico strumento di libertà utile a favorire la ripresa economica in assoluta sicurezza. Liberi tutti di pensarla diversamente: ma, a che pro? A quale prezzo?

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato  – Nuoro) 

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