Una norma ad hoc per impedire alle imprese di delocalizzare in modo aggressivo e incontrollato.
E’ il provvedimento al vaglio del viceministro allo Sviluppo economico Alessandra Todde per evitare, nel pieno rispetto della libertà d’impresa, che le aziende usufruiscano in Italia di alcune agevolazioni e contributi per poi chiudere l'attività licenziando lavoratori e danneggiando l'indotto.

La bozza del piano prevede la comunicazione di ogni scelta in maniera preventiva alle istituzioni, la convocazione di un tavolo istituzionale, la redazione di un Piano di reindustrializzazione, l’obbligo per le imprese all'utilizzo forzoso degli ammortizzatori nel caso in cui non rispettino la procedura, a comunicare alle Istituzioni con congruo anticipo (circa 6 mesi) se si vuole chiudere. Sarà nominato un "advisor" al quale toccherà esplorare se esistono davvero soluzioni alternative, nuovi investitori interessati.

Le aziende che non rispetteranno la procedura dovranno obbligatoriamente accedere agli ammortizzatori sociali. Se nei precedenti cinque anni hanno preso soldi pubblici dovranno restituirli con gli interessi e se violeranno la nuova procedura dovranno anche pagare il 2% del fatturato. Inoltre, la proprietà deve cercare per almeno tre mesi un potenziale compratore. In caso di violazioni lo Stato può chiedere indietro gli eventuali incentivi pubblici concessi e comminare multe fini al 2% dei ricavi.

La nuova legge antidelocalizzazioni potrebbe essere varata a settembre. 

Todde lo scorso anno aveva ideato il Fondo di Salvaguardia, che consiste nella possibilità per le aziende in crisi di ricevere un aiuto pubblico fino a 10 milioni tramite Invitalia. A patto però di non delocalizzare per cinque anni. 

(Unioneonline/D)

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