Si fa presto a parlare di derive fasciste e comuniste quando il parlarne sia diretto a screditare l’avversario politico a ridosso di una delicata competizione elettorale, e si fa ancora più presto a voler appiccicare a tutti i costi una etichetta politica ad atteggiamenti e comportamenti antigiuridici quando non addirittura fortemente “anarchici” (nel senso degenerativo del termine) ispirati, verosimilmente, a tutt’altre dinamiche tutte, invero, ancora da verificare e compulsare con doviziosa attenzione. Intendiamoci: il “misanderstanding” tra le (non) “ragioni” (di carattere giuridico) e/o le pretese “motivazioni” (di rilievo squisitamente soggettivo) di quanti si oppongano al “green pass”, e le balorde infiltrazioni di una certa politica comunque ambigua sul piano discorsivo e apparentemente disposta a tutto pur di incarnare e contestualizzare il malcontento generale ed il disagio sociale crescente, si configurano per essere il primo e più evidente oltraggio all’integrità dell’“apparato democratico” complessivamente considerato. Ma proprio quello stesso “misanderstanding”, quel “fraintendimento” ricercato e portato alle estreme conseguenze, non può e non deve in alcun modo fungere da elemento di “distrazione di massa” utile solamente alle oscure finalità di una “protesta” che pare orchestrata e strumentalizzata ad arte da un manipolo di delinquenti facinorosi, e che si contraddistingue unicamente in negativo siccome priva tanto di “causa efficiente” quanto di “scopo”. Il “no” alla obbligatorietà della cosiddetta “certificazione verde vaccinale” ha poco o nulla a che vedere con i fatti violenti dell’appena trascorso fine settimana e con l’attacco alla sede della Cgil.

Pertanto, mostrare segnali, anche timidi, di cedimento sulla legittimità delle misure intraprese a salvaguardia della salute collettiva, e/o cercare di intavolare un confronto ragionato sulla annosa quanto inesistente questione, significherebbe scalfire il sentimento di fiducia ad ogni buon conto dominante che persiste all’interno delle varie comunità locali. La risposta punitiva delle forze politiche, e per esse dello Stato, deve assumere il sapore di una condanna intransigente avverso ogni forma di subdolo “squadrismo”. Intanto, perché ad essere fortemente messo in discussione non è il “certificato vaccinale” in se e per se considerato nelle sue varie connotazioni di rilievo morale e/o giuridico, quanto piuttosto il “potere costituito”, quello “statale” compreso, in nome di un non meglio precisato ideale “libertario” significativo di un “ordine” presumibilmente fondato su rappresentazioni alternative, e “legibus solutae”, di “autonomia” e di “libertà” degli individui da perseguire anche attraverso forme di ribellione insurrezionalista.

Quindi, perché questi rigurgiti impropriamente “anarchici” non sono assolutamente riconducibili ad alcuna sia pur minima “manifestazione democratica”, ma anzi, rivelano l’inaccettabile tentativo di superamento di quella stessa “democrazia” in nome di un “non-potere” espressivo di un “assetto sociale” disancorato da qualsivoglia “regolamentazione” pre-costituita. Infine, perché la tanto vituperata “certificazione vaccinale”, siccome significativa, sul piano normativo e sociale, della forma più alta di “disciplinamento interno” ad altissima “inferenza statalista gerarchizzata”, costituisce una minaccia concreta per quanti vogliano fare della “comunione autonomista” (nel senso ordinario e spicciolo del termine) il caposaldo del nuovo “ordine civile” (forse fondato sulla “anomia” ossia sulla mancanza di leggi?) allo stato indefinito, e per questo inesistente. E aggiungo: fortunatamente. Dobbiamo imparare, tuttavia, a prendere atto in maniera lucida e consapevole delle cosiddette “evidenze”, siano esse “contro-fattuali”, ovvero semplicemente “ideologiche”. L’assalto al “green pass”, in questo senso, costituisce né più né meno che un assalto alla “Costituzione Repubblicana” ed a ciò che essa rappresenta. Se è vero, infatti, che la Costituzione si qualifica per essere una limitazione del potere, allora è altrettanto vero che l’“anarchia”, incarnata nel caso specifico, dal ricordato manipolo di facinorosi, come da taluni rilevato, vorrebbe, come di fatto vuole, rappresentare la negazione di quel potere. E parimenti, e di conseguenza, (vorrebbe rappresentare) la negazione dell’impostazione statalista dominante dell’attuale esecutivo di governo che tutto parrebbe garantire fuorchè l’“ideale libertario” di nuova e progressiva affermazione.

E’ chiaro che argomentazioni siffatte non possono che essere ricondotte alla stregua di ridicole mistificazioni idonee a colpire la “pancia” delle fasce meno culturalmente strutturate della popolazione, ossia di quelle fasce di persone maggiormente inclini a soggettivizzare il proprio disagio, comunque esistente, per incanalarlo in meccanismi di risonanza collettivi tutto sommato fallaci quanto a consistenza pratica ma, tuttavia, pericolosi sul piano della tenuta sociale del Paese complessivamente considerato siccome finalizzati ad individuare il “nemico comune” in ogni forma di “potere costituito”. Se si accetta di assumere siffatte premesse come valide ed obiettive descrizioni di fenomeni sociali altrimenti incomprensibili, allora si possono gettare le basi fondanti di ogni ragionamento direttamente conseguente fondato su taluni capisaldi essenziali dell’attuale vivere civile quali, a titolo meramente esemplificativo: 1) quello per cui il green pass, lungi dal porre problemi di costituzionalità, costituisce uno strumento utilissimo a garantire una maggiore libertà di movimento; 2) quello per cui quel medesimo certificato vaccinale garantisce l’uguaglianza tra cittadini per essere la vaccinazione gratuita ed aperta alla generalità dei consociati; 3) quello ulteriore per cui il tanto contestato green pass, diversamente da quanto taluni mostrano artatamente di ritenere, lungi dal limitare, in realtà garantisce la libera e la sicura circolazione delle persone in tempo di emergenza sanitaria pandemica.

Si tratta di pura e semplice tutela del diritto alla salute interpretato alla luce del principio di solidarietà, la cui massima espressione si concretizza, né altrimenti potrebbe essere, in una operazione di ragionato bilanciamento tra l’esigenza di minimizzazione dei rischi e l’altrettanto valida esigenza di massimizzazione dei vantaggi che, tutto sommato, avrebbe dovuto semmai condurre, franche le doverose eccezioni motivate in forza di stringenti ragioni mediche, all’imposizione dell’obbligo vaccinale generalizzato per essere quest’ultimo una pratica necessaria in una società che voglia definirsi pienamente “democratica” (cfr. in questo senso, Corte Costituzionale sentenza numero 268/2017).

Giuseppina Di Salvatore 

(Avvocato – Nuoro)

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