Dopo quasi un anno e mezzo Giorgia Meloni torna alla prova dell'Aula e delle domande dei parlamentari. Questa volta dei senatori. E se il 24 gennaio 2024, l'arena di Montecitorio si animò sulla vertenza Stellantis, le critiche al rinnovato Patto di stabilità e lo Stato di Palestina (per la premier, in dissenso dal governo Netanyahu) ora i quesiti si spostano sui rapporti con l'America di Donald Trump, le spese per la difesa militare e le riforme costituzionali promesse.

Per la presidente del Consiglio è il quarto premier time negli oltre 900 giorni del suo esecutivo. E stranamente il più "atteso” essendo finito nei giochi delle casualità e coincidenze del Vaticano, prima con la morte di Papa Francesco e poi con il Conclave. Inizialmente, infatti, il question time era previsto il 23 aprile ma la morte del pontefice, due giorni prima, ha costretto al rinvio. Fissato al 7 maggio, è stato anticipato dalle 16 alle 13.30 per la diretta tv del Conclave che si apre lo stesso pomeriggio.

Nove i quesiti sul tavolo, per Meloni tre minuti per illustrare ogni quesito, tre per la risposta e altri 2 concessi all'autore della domanda, per replicare. Dieci i ministri seduti ai banchi del governo accanto a Meloni, assenti i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini. Davanti a lei un’aula praticamente piena.

Si parte con le spese militari: il governo raggiungerà l'obiettivo delle spese militari al 2% del Pil «sia rilanciando la traiettoria di potenziamento delle nostre capacità di difesa, sia inserendo nel computo delle spese rilevanti quelle voci che sono in linea con i parametri dell'Alleanza atlantica che altre nazioni già considerano»,  ha detto rispondendo al leader di Azione Carlo Calenda. Meloni ha sottolineato che si tratta di spese «che rientrano nell'approccio allargato multidimensionale della difesa che è proprio sia del concetto strategico Nato sia del libro bianco dell'Ue. Quindi - ha proseguito - è un percorso coerente con gli impegni internazionali dell'Italia ma anche con la posizione che l'attuale maggioranza di governo ha consacrato nel programma con il quale si è presentata agli italiani. Perché senza difesa non c'è sicurezza e senza sicurezza non c'è libertà».

«L'Italia e l'Europa – ha continuato – devono rafforzare le proprie capacità difensive per rispondere alle responsabilità cui sono chiamate anche in ambito Nato: lo ribadisco in questa sede con la coerenza di chi da patriota ha sempre sostenuto un principio semplice, cioè che la libertà ha un prezzo e se fai pagare a un altro la tua sicurezza non sei tu a decidere pienamente del tuo destino e non c'è la possibilità stessa di difendere appieno i propri interessi nazionali». La premier ha ricordato anche la «necessità di costruire sempre un pilastro europeo della Nato capace di incentivare una solida base europea». 

Quindi la riforma del premierato che «sta andando avanti, continuo a considerarla la madre di tutte le riforme e, non dipende da me ma dal Parlamento, ma la maggioranza è intenzionata a procedere spedita su questa riforma esattamente come è intenzionata a procedere spedita sulla riforma della giustizia».

Non è mancato un duro botta e risposta con Matteo Renzi: il senatore di Italia Viva a nome del suo gruppo ha rivolto un quesito su più punti, dalla posizione sull'internazionalizzazione del governo, alle riforme costituzionali promesse al sistema delle preferenze, e concludendo che la premier ha cambiato idea su quasi tutti, definendola «campionessa dell'incoerenza». Meloni ha preso la parola con tono sarcastico: «Sinceramente mi è sfuggita la domanda», ha esordito premettendo di aver «ereditato una situazioncina un tantino compromessa».

Infine una stoccata all'ex premier sulle dimissioni in caso di sconfitta al referendum: «Lo farei anche volentieri - ha scandito Meloni - ma non farei mai niente che abbia già fatto lei». Nei due minuti di replica Renzi ha ironizzato: «Ce ne siamo accorti che non sta facendo la stesse cose che ho fatto io», citando ad esempio il piano Industria 4.0. Le sue parole sono state interrotte dal vociare dei senatori di maggioranza, tra cui qualcuno che gli ha urlato. «Smettila di fare politica», il che ha richiesto l'intervento del presidente Ignazio La Russa per fare silenzio. Renzi ha concluso accusando la premier di aver cambiato idea anche rispetto alla Russia. «Tra lei e Putin io sono patriota vero».

(Unioneonline)

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