È trascorsa appena una settimana dal 25 febbraio, unica giornata dedicata al voto per il rinnovo del Consiglio Regionale in Sardegna. Il Campo largo, con Alessandra Todde presidente, allo stato si presenta vittorioso. Stando a quanto si è potuto apprendere dagli organi di stampa, pare aver votato circa il 52% degli aventi diritto, quindi appena poco più della metà. Ma al di là degli esiti, che tutto considerato hanno riportato una distanza minimale tra le due coalizioni contendenti, l’analisi, necessariamente a posteriori del voto, catalizza l’attenzione dei commentatori sulle ripercussioni che la preferenza espressa dal Popolo Sardo potrebbe avere sul piano nazionale, sullo stesso Governo Meloni visto e considerato che Paolo Truzzu, già sindaco di Cagliari, è stato fortemente voluto proprio da Giorgia Meloni, e sugli esiti delle prossime competizioni elettorali di rilievo regionale in contesti altri.

Campanello d’allarme, dunque, quello del voto sardo, o semplice avvicendamento fisiologico del colore politico della prossima Giunta? Il declino della partecipazione elettorale in Sardegna quanto ha inciso, e incide, sugli esiti? Non è certamente un mistero per nessuno quello per cui le istituzioni, a qualunque livello si voglia discorrere, appaiono legittimate solo allorquando siano sostenute dal consenso della cittadinanza espresso nel voto. Sicché, gli esiti delle ultime urne andrebbero letti e considerati anche e soprattutto con specifico riferimento al dato reale della partecipazione popolare. In linea generale, sul piano politico, a tutt’oggi sembra non riuscire ad essere determinante l’impegno concreto delle varie forze partitiche finalizzato a cercare di limitare, se non proprio a rimuovere, ogni potenziale impedimento, anche solo di carattere ideologico, che possa alimentare il fenomeno dell’astensione, ossia della non partecipazione alle competizioni elettorali di quanti ben potrebbero, con il loro voto, incidere concretamente sulle scelte democratiche del territorio di riferimento. Circostanza quest’ultima che parrebbe allora, ed a maggior ragione, evidenziare il rilievo prettamente circoscritto ai confini del perimetro regionale delle ultime votazioni per il rinnovo del Consiglio in Sardegna. Anche perché, con buona verosimiglianza, le dinamiche della espressione della preferenza elettorale potrebbero ben essere molteplici e spesse volte ricondotte al puro e semplice gradimento personale di un candidato presidente piuttosto che dei suoi diretti competitor.

Ogni contesto regionale presenta le sue specificità, e il riportare il riflesso degli esiti di quelle votazioni locali sul piano nazionale appare non solo fallace nel metodo, ma anche non appropriato nel risultato. Tanto più laddove, nel caso della Sardegna, si voglia considerare la circostanza che, in fondo, il distacco numerico tra i due candidati presidenti espressione, rispettivamente, del Campo largo e del Centrodestra, Alessandra Todde e Paolo Truzzu, parrebbe essere comunque minimo.

Dicendolo altrimenti: in primo luogo, potrebbe apparire illusorio ricondurre gli esiti delle urne sarde a logiche partitiche e rapporti di forza che non tengano in considerazione la questione fondamentale del consenso cosiddetto reale; in secondo luogo, potrebbe rivelarsi ininfluente ragionare nei termini del raffronto con le percentuali singolarmente riportate da ciascun partito, e dalla coalizione di riferimento nel complesso, nelle appena concluse votazioni e nelle varie tornate elettorali precedenti, siccome ogni competizione è di volta in volta sorretta da circostanze differenti; in terzo luogo, parrebbe ancora mancare la doverosa attenzione verso lo studio e la analisi dettagliata, da parte dei diversi gruppi partitici, del fenomeno della astensione tanto a livello territoriale, quanto a livello nazionale. Se non altro, perché la partecipazione al voto, fondamento della legittimazione nell’ambito dei sistemi democratici, non parrebbe doversi e/o potersi trascurare se davvero si voglia incidere in maniera propositiva sul gradimento degli elettori.

Ebbene, se per un verso, probabilmente non saranno le urne sarde ad incidere sul gradimento dell’attuale maggioranza di Governo, né ad orientare il voto, con buona verosimiglianza, in altre regioni italiane, per altro verso, la capacità manifestata dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle di stare uniti potrebbe, se l’esperienza venisse replicata nell’intero contesto nazionale, risultare determinante, ed essere essa stessa fattore di cambiamento laddove i singoli partiti riuscissero a superare le sfumature differenziali ancora sussistenti sul piano ideologico.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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