Continuano i lavori del governo sulla manovra: nelle ultime ore non è stato infatti ancora raggiunto un accordo tra le due anime dell'esecutivo - Lega e Movimento 5 Stelle - a proposito della cosiddetta "pace fiscale" e del decreto fiscale che sarà collegato al documento di bilancio per il 2019.

Dopo il vertice fiume di ieri sera a Palazzo Chigi, presieduto dal premier Giuseppe Conte e che ha visto l'assenza di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, non sono state appianate le divergenze divergenze interne alla maggioranza gialloverde.

Nel tardo pomeriggio si è tenuto a Palazzo Chigi un vertice al termine del quale la Lega ha detto che l'accordo "è stato raggiunto". Quali siano i termini, ancora non è chiaro.

SALVINI: "SULLA PACE FISCALE ANDREMO FINO IN FONDO" -

"Sulla pace fiscale andremo fino in fondo", ha spiegato questa mattina Salvini a Monza parlando all'assemblea nazionale di Confimi Industria.

"Ci sono milioni di italiani che convivono con le cartelle di Equitalia che li stanno portando alla disperazione e al suicidio. Uno Stato normale con questa gente ragiona, non continua a condannarla", ha aggiunto ancora il vicepremier, che si è detto invece perplesso sul reddito di cittadinanza: "Sono assolutamente convinto che il lavoro non si crea per decreto. Non penso che questo paese abbia bisogno di assistenza".

"Aiutare i cittadini che sono in difficoltà nelle grinfie di Equitalia è nel contratto. La pace fiscale intesa come misura che strizza l'occhio ai grandi evasori e ai capitali occulti non è nel contratto". Questo invece è quanto filtrato da fonti vicine a Luigi Di Maio, prima del vertice risolutivo di questo pomeriggio.

I NODI DA SCIOGLIERE - I due partiti di governo devono trovare la quadra su diversi elementi: i grillini vorrebbero che il provvedimento contenuto nel prossimo Decreto fiscale assomigliasse più a un "ravvedimento operoso" che a un vero e proprio condono.

Nel dettaglio, le distanze tra Carroccio e M5S riguardano la soglia dell'importo del debito (il Carroccio sarebbe orientato al milione di euro, mentre il Movimento a 100mila euro) e la percentuale da pagare (per i pentastellati andrebbe alzata dal 25%, mentre i leghisti dovrebbe essere fissata al 15%).

Ieri intanto il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico è tornato a parlare del taglio delle pensioni d'oro, un miliardo di euro che servirà per le coperture finanziarie della manovra.

La misura, finora affidata ad un Ddl all'esame del Parlamento, rientrerà nel decreto fiscale con un intervento che riguarderà solo gli assegni sopra i 4.500 euro.

PENSIONI D'ORO - C'è poi il nodo pensioni d'oro, che i 5 Stelle vorrebbero tagliare. Il Carroccio non ci sta, anche perché sarebbero proprio i suoi elettori del Nord i primi a pagare questa misura. Fonti 5 Stelle hanno fatto sapere, sicuri, che il taglio delle pensioni d'oro sarà nella manovra. Il plenipotenziario leghista e sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giorgetti invece nega.

(Unioneonline/F)

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