Basta la parola: il Caffè Scorretto dell’11 novembre 2025
Di Antonio MasalaIn Italia si vive meglio: la ministra Daniela Santanchè non poteva che condividere il post di una famiglia inglese che si era trasferita in Italia immaginando che il bel Paese sole e mare, pizza e mandolino fosse il paradiso in terra.
Beata lei, meno i nuovi arrivati che nel giro di sei mesi hanno optato per gli Stati Uniti, infastiditi dall’italica lentocrazia da far perdere l’aureola a Giobbe e da un futuro tra dubbi e intuizioni prive di soluzioni. Una su tutte: la “patrimoniale” che terrorizza chi vede la tassa come una rapina di Stato.
Le parole ingannano e spesso come un boomerang di basalto ritornano sulla testa di chi le ha lanciate: rottamazione per Renzi, fine povertà per Di Maio, le tasse per Padoa-Schioppa e così via. Il “basta la parola” è lo slogan coniato da Marcello Marchesi e consegnato al Carosello anni ’60, oggi la parola non basta.
Se “patrimoniale” venisse sostituita da “ripartizione fiscale più equa” a significare, conti alla mano, più tasse a chi ha molto e meno a chi ne ha meno, si ragionerebbe non da “comunista” ma da equilibrista-tributarista.
“Patrimoniale” è una forzatura a doppia chiusura: colpirà i capitali liquidi nelle sue varie forme o gli immobili con una lievitazione dell’Imu? L’equità fiscale nei diversi scaglioni progressivi invece è il diritto (trascurato) del Potere contro il dovere (evaso) dello Strapotere.
Antonio Masala