Chi ama le leggi, come chi ama le salsicce, farebbe bene a non interessarsi di come vengono fatte. Che l’ammonimento del Cancelliere Bismarck sia ancora attuale, ce lo ha confermato la legge di bilancio approvata ieri. Il testo che aveva preparato il ministro Giorgetti era sicuramente migliore di quello che è uscito dalle Camere.

La misura principale voluta dal governo, cioè il taglio dell’Irpef dal 35 al 33% per i redditi fino a 50 mila euro, rimane. Ma, purtroppo, non è che le tasse diminuiscano.

Il governo Meloni ha scommesso tutto sulla propria credibilità internazionale e questo significa, la premier l’ha capito subito, anche finanze pubbliche in ordine. Il ministro Giorgetti ha voluto una finanziaria “leggera”, che sposta risorse “solo” per altri 22 miliardi al bilancio dello Stato (il quale supera i 1100 miliardi, più di metà del Pil: se vi sembra poco…). Quando lo Stato decide di distribuire dei quattrini, da qualche parte deve reperirli. È una buona cosa che non li vada a prendere indebitandosi (lo fa solo in misura modesta), ma se non pagano le generazioni future, tocca alle presenti. In parte, Giorgetti ha reperito risorse tagliando le spese dei ministeri, ciò, tuttavia, non è bastato a evitare nuovi balzelli.

Alcuni di questi colpiscono i più poveri: aumentano le accise sul gasolio e la componente fiscale della RC auto. Altri, invece, coloro che stanno meglio: i proprietari di casa, che pure sono considerati tendenzialmente fra i sostenitori di questa maggioranza, vedono aumentare la cedolare sul secondo appartamento messo in affitto su piattaforme come AirBnB. La TobinTax, cavallo di battaglia della sinistra contro la “speculazione”, l’imposta che colpisce le transazioni sui mercati regolamentari, viene raddoppiata. Un altro balzello colpisce , in linea di massima, i più giovani, che rappresentano la maggior parte degli investitori in criptovalute: l’imposta sulle plusvalenze finora prevedeva una franchigia di 2000 euro, che tutelava chi aveva investimenti modesti. Ora la franchigia salta e l’aliquota sale al 33%, salvo che per gli EMT, e-money token, emessi in euro.

C’è un “disegno” dietro queste misure fiscali? Evidentemente no. Di qui la critica che molti economisti hanno rivolto al centrodestra: non c’è una “visione” dell’economia italiana, di come essa si deve evolvere di qui ai prossimi anni, in questa legge di bilancio.

Non è detto che debba essere la finanziaria il “luogo” per fare riforme importanti (che andrebbero semmai affrontate con provvedimenti ad hoc), ma che la coalizione guidata da Meloni non abbia un programma di politica economica è un dato di fatto. Ci sono divergenze fra FdI, Lega e Forza Italia, si vedono però soprattutto nei temi di politica internazionale e rispetto ai cosiddetti diritti civili, nessuno dei tre partiti ha un’idea precisa, per esempio, su quale dev’essere il rapporto Stato-mercato in tema di economia. Il “liberismo” di Forza Italia si è risolto nella difesa delle banche da nuove imposte sui cosiddetti extra-profitti, la Lega ha come unico punto fermo la tutela dei pensionati, FdI agita bandiere come la proprietà dell’oro della Banca d’Italia. Giancarlo Giorgetti è costretto a navigare a vista, e lo fa con perizia, evitando gli scogli.

Il balzello più odioso è quello apparentemente più modesto. Sui pacchi in arrivo dai Paesi extra Ue scatta una nuova imposta di 2 euro, anche su quelli che valgono meno di 150 euro. Un dazio che non è poi così “mini”: su un ordine di 20 euro, è il 10%. Lo pagherà chiunque faccia acquisti online, cioè lo pagheremo tutti. È stato giustificato come difesa dall’“invasione” di paccottiglia cinese, inciderà sulla spesa delle famiglie di ogni reddito. Se se ne accorgono, non ne saranno felici.

Alberto Mingardi

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