N on ci è mai sentiti così fragili e indifesi come in questa vicenda della pandemia di Covid-19. Per via della forte aggressività e della rapida diffusione di questo virus che ha sconvolto le nostre abituali condizioni di vita e stravolto l'intero sistema economico del Paese. Si è rimasti sorpresi, e anche impauriti, dalle inadeguatezze dei nostri sistemi di difesa.

S i era infatti tutti convinti che le terribili pandemie del passato, dalla peste al colera, dovessero rimanere, con i loro drammatici effetti, un retaggio storico, non più replicabile, eliminato dal progresso scientifico e dall'alta qualità delle conoscenze e delle strutture sanitarie. Purtroppo, così non è stato, visto gli effetti che già da oggi ne denunciano la gravità, sia in termini di diffusione epidemiologica che di fermi e danni alle attività economiche. Aspetti, questi, ultimi, che paiono particolarmente pesanti soprattutto per la Sardegna, a causa della sua forte dipendenza dai legami e dagli apporti esterni (dai beni di consumo ai turisti). Misurabili, secondo una valutazione degli esperti, con una possibile caduta del Pil regionale tra il 40 ed il 50 per cento, e da un conseguente tasso di disoccupazione che raggiungerebbe le due decine. Sul futuro peseranno non poco le risorse pubbliche mobilitabili nel prossimo triennio, che taluno, a spanne, valuta per l'Isola in non meno di 7 o 8 miliardi di euro. Perché all'inevitabile shock di offerta (per via del costoso ripristino delle attività produttive), si aggiungerebbe quello di domanda, a causa della conseguente forte contrazione delle capacità di spesa delle famiglie. Si è di fronte, quindi, ad una situazione di piena emergenza, alla quale occorre far fronte con misure eccezionali. Fondate su di una solidarietà, una coesione ed un'unità d'intenti che annullino pregiudizi, invidie e contrasti. Partendo proprio dal campo della politica dove occorrerebbe riportarsi ad una sorta di “solidarietà regionale” che stabilisca un patto d'azione condiviso per affrontare, tutti insieme, l'emergenza sanitaria e quella economica. Dovrà essere, per i nostri politici, una forte prova di maturità e di responsabilità, ad iniziare dall'abbandono delle continue risse da pollaio sull'inutile ed il vacuo, dai numeri (imperfetti?) delle mascherine all'efficacia (o meno) di questo o quell'antidoto od ai dissidi sulle location dei presidi curativi. Né serve continuare a punzecchiarsi polemicamente sulle scelte e non scelte passate o sulle incapacità e/o inefficienze attribuite a questo od a quell'assessore o dirigente. È il momento, oltretutto, che la politica risponda appieno a quello che è il suo compito principale: d'essere efficace tutrice e guida delle sorti della sua gente, di tutto il popolo che le ha dato fiducia e potere. Lo era già stata in altri momenti altrettanto difficili della nostra storia, dalla ricostruzione postbellica alla rinascita ad esempio, ed è ancor più necessario che lo sia oggi.

E questo è ancor più necessario di fronte alla straordinaria mobilitazione di tutti i sardi nel partecipare direttamente, con le loro generose offerte, alle sottoscrizioni promosse per l'acquisto di quanto necessario per affrontare questa che appare sempre più come una vera guerra. È stata infatti tanta gente comune a rendersi conto che si era dinanzi ad un evento che non permetteva diserzioni né divisioni, pena il dover subire delle conseguenze potenzialmente disastrose. Ed ha risposto, a voce spiegata, “noi ci siamo”. Ed è per questo che anche la politica, soprattutto la politica, ha il dovere di non disertare il campo e di far quadrato, in indifferenza di schieramento.

PAOLO FADDA

STORICO E SCRITTORE
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