A nche Cagliari, non diversamente da molte città europee, sta attraversando un periodo alquanto complicato. Di necessarie trasformazioni certamente, ma anche di forti contraddizioni e di progressivi appannamenti. Che non hanno riguardato solo la fisicità e l'immagine dei suoi luoghi, ma soprattutto le attitudini nel dover essere, come è ricordato nel suo palazzo civico, “caput et fortitudo totius insulae”. Avendo troppo spesso dimenticato, specie in questi ultimi tempi, le sue responsabilità d'esserne la capitale politica. Cioè guida e traino per il progresso dell'intera regione.

Non si tratta quindi di un declino che riguardi le capacità di questo o quel sindaco, o degli indirizzi - di destra o di sinistra - d'una giunta: attiene quasi esclusivamente alla presenza di élite cittadine (della cultura, dell'impresa, del lavoro e anche della politica) preparate e attrezzate per svolgere quel ruolo.

Una capitale decaduta, quindi, per un'isola in decadenza? Sarà proprio questa domanda a introdurre questa riflessione. Che è poi un'analisi del come si sia affievolito, in questi ultimi tempi, quello spirito civico, quell'orgoglio d'appartenenza, che ne aveva fatto una città coraggiosamente “en marche”. Sostenuta e guidata da una classe dirigente, da delle élite quindi, capace di creare innovazione, mobilità sociale e sviluppo economico. Di fatto, delle persone illuminate che s'erano messe insieme, superando gli egoismi e gli interessi individuali, per costituirsi e operare come “classe” sociale. (...)

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