D i cosa abbisogna la Sardegna per riuscire a riprendere la marcia verso un'effettiva ripresa, lasciandosi alle spalle le troppe afflizioni del presente, non è certo semplice indicarlo. Anche perché molti dei rimedi e delle ricette che circolano in questi giorni pre-elettorali paiono più dei palliativi che degli interventi effettivamente rigeneranti. Forse perché le diverse diagnosi politiche fin qui effettuate sull'attuale stagnazione-recessione in atto nell'Isola non sembrerebbero averne individuato le effettive cause.

Per essere chiari, e per meglio mettere a fuoco quest'osservazione che potrebbe apparire solo generica, si dovrebbe partire, direbbe Einaudi, da un'attenta lettura dei dati socio-economici dell'isola. Perché senza la loro conoscenza diviene assai difficile poter indicare i giusti rimedi. Ed è questo che sembra mancare.

Cerchiamo quindi di partire proprio da qui. In Sardegna siamo più o meno 1,6 milioni, con una forza lavoro che si aggira sulle 670mila unità (con il 13% di disoccupati, di cui quasi la metà giovani), mentre oltre 380mila sono i pensionati. Tutto questo determina un PIL pro capite che risulta, secondo i dati Svimez, un po' meno del 70% di quello del Paese ed è pari solo al 58% di quello del Centronord. Andrebbe ancora considerato come del nostro prodotto interno sia autore per circa il 70% il settore dei servizi (per oltre un terzo pubblici). Mentre i due settori produttivi (agricoltura e industria) ne hanno una parte molto marginale, confermata anche dall'occupazione: raggiunge infatti a stento il 27% del totale. (...)

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