I n tempi di Coronavirus, lo stare a casa può trasformarsi in una fruttuosa esplorazione di ricordi e preziosità dimenticate. Ecco che, per alleviare l'ansia e combattere i sacrifici imposti dalla forzata clausura, ci si avvicina speranzosi alla libreria con l'intanto di trasformare in riflessione il tempo vuoto.

Si rovista, si fruga: fino a ritrovare un libro della poetessa cagliaritana Maura Cambuli, pubblicato nel 1984 dall'editore Guido Miano. Sono passati 36 anni da allora, ma le poesie di Maura Cambuli - medico e professore associato per prestigiose Università canadesi e statunitensi - hanno ancora molto da dire.

Osservò Silvano Demarchi nella quarta di copertina: «Dietro queste brevi composizioni sta un retroterra di meditazione sui dualismi che agitano la vita di oggi. La vita attiva, rappresentata dalla laboriosità della formica e la vita contemplativa espressa dal canto libero della cicala».

Ecco dunque spiegato il prezioso neologismo del titolo: formicàla, appunto.

Ogni verso di Maura Cambuli è un distillato. Un mosaico di parole scelte con infinita pazienza e con cura.

Lento/cader di petali/e il fiore/rimane stecchito/alto su rossi coaguli/ai piedi./ Un altro sboccia/ o piega prematuro/ il capo olivare/ dove spunta,/rossa velina piegata/ripiegata nell'astuccio,/ e non nasce corolla.

Le pagine sono spesse, ruvide, ingiallite dal tempo e dall'umidità - nemica costante delle librerie cagliaritane.

Di parola in parola, di verso in verso, troviamo immagini poetiche di grande potenza: foglie oscene di colore, esistenze vissute per procura, rughe sulla vernice, auto sventrate di parti buone, lapidi allineate in plotoni, lo sguardo polifemico e giallo di un sole dimezzato.

Fino a un prezioso ripensamento. Una lettera pazientemente cancellata con una gomma: e sostituita, a penna, da una virgola: evidentemente in ogni singola copia stampata!

Quanta minuzia. Quanta cura! Oggi quasi estinte...
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