C iascuno vive la clausura imposta dal coronavirus a modo proprio. Carlo, 78 anni, insegnante cagliaritano in pensione, ha la saggezza necessaria per trasformarla in un'opportunità.

Dice ai suoi familiari: «La clausura è come una lente d'ingrandimento: amplifica e ingrandisce"».

Forse per questo tutti noi abbiamo cominciato a vivere le nostre case in un modo nuovo.

Ci stiamo a lungo, le esploriamo, le rendiamo il più accoglienti possibile. Le valorizziamo.

In queste settimane Carlo ha tirato a lucido il suo balcone. C'erano tante piante: trascurate, rinsecchite e dimenticate. Con pazienza, ad una ad una, il professore si è occupato di loro. Le ha potate, innaffiate, rinvasate, e ha piantato i semi trovati in un cassetto della cucina: basilico, coriandolo e margherite.

Ci sono già i germogli.

Ogni giorno mantiene la terra umida e si siede lì, al sole, a guardare il mare, oltre l'asse mediano: quasi vuoto di automobili. Si sente felice. Soprattutto da quando due tortorelle gli fanno compagnia: grate delle granaglie offerte loro.

Lungo gli steli del Chritmum le formiche hanno deposto le uova e le larve crescono di giorno in giorno.

Una farfalla si posa di tanto in tanto tra le foglie screziate della Schefflera Actinophilla, la salvia insaporirà la cena, la Crassula Ovata rivolge verso il sole i suoi rami flessibili e fragili, suggerendo alla mente che occorre sempre cercare il meglio: la più vantaggiosa condizione possibile per il nostro benessere psicofisico. Anche in tempi come questi: anche quando (per dirla con il Camus de «la peste») la vita sembra essersi ridotta a una fiammella.

«Qualcuno conosce il nome di questo alberello?», scrive Carlo in un post su Facebook.

«È un corbezzolo», gli risponde un'amica da Varese.

E pensare che è nato spontaneamente, qualche anno fa, in un vaso vuoto.

Ora, finalmente, ha anche un nome: un'identità.
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