C agliari, 1982. Ci troviamo nel mercato civico di San Benedetto. Una zia e un nipotino si aggirano fra i tanti banchi che vendono la frutta e la verdura, ma non trovano ciò che vogliono.

Stanno cercando qualcosa di insolito e assai squisito.

La zia Mariolina - che insegna alla scuola materna e con i bambini ci sa fare - pur di convincere suo nipote a mangiare un po' di verdura gli ha promesso che, per pranzo, cucinerà qualcosa di magico: le barbe di frate.

«Barbe di frate? Ma cosa sono?», domanda il bambino incuriosito.

La zia Mariolina, allora, gli spiega che le barbe di frate sono piccole pianticelle che crescono lungo le coste della Sardegna. Il loro colore è verdissimo, scuro, intenso e si dipana in tanti fili sottili.

Precisa: «Sono proprio squisite! Le faremo rosolare in padella con la cipolla e i cubetti di pancetta affumicata e le mangeremo su grosse fette di pane tostato»!

Il bambino, naturalmente attratto da ciò che è nuovo e mai è stato provato, diventa presto impaziente: eppure, le barbe di frate non si trovano. Certi venditori nemmeno le conoscono!

«Barbe di frate? Ma che roba è?», commentano.

Finalmente, poi, quando ormai si erano perse le speranze, una vecchia verduraia con i capelli bianchi e grigi un po' arruffati sorride e, a voce bassa, spiega: «Io tengo sempre le barbe di frate nascoste sotto il banco: sono una vera e propria specialità e le riservo soltanto ai clienti abituali»!

Il bambino non resiste alla tentazione di prendere in mano uno di quei mazzetti a lungo soltanto immaginati. Ne percepisce la consistenza tubolare e liscia, ne sente l'odore e, a occhi chiusi, ne accarezza le punte.

«È proprio vero! Sembra di toccare la barba di un frate!», dice entusiasta alla zia, sempre più impaziente di poter aggiungere, presto, un nuovo tassello di gusto alla sua giovanissima esperienza.
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