U na grande e solitaria vittoria, una gigantesca sconfitta, un sorpasso per inerzia e demerito altrui. Questa è la sintesi del voto europeo. Il trionfo di Salvini è il centro del “maelström”, intorno ruotano le altre figure, allegorie della storia politica contemporanea. Il quadro europeo è più terremotato di quanto si immagini e lo scenario è uno dei laboratori alchemici del Signor Zeitgeist, lo spirito del tempo.

La Lega da domenica sera ha numeri da Democrazia cristiana, la mitica Balena Bianca. Luigi Di Maio, nei panni del capitano Achab, ha cercato di arpionare Moby Dick e come Gregory Peck nel film del grande John Houston è stato trascinato a fondo con la sua ossessione.

La chiave del successo di Salvini è riflessa nell'insuccesso di Di Maio: pretendere di fare l'opposizione al governo di cui si fa parte è un paradosso che nessun elettore può accettare senza sentire lo stridore del linguaggio, la posizione artefatta, l'opportunismo senza un disegno. Sei nella stanza dei bottoni e dici che quel bottone non va schiacciato, sei in Consiglio dei ministri e parli la lingua del “contrarian”. Non ha funzionato neanche un po' e il bastimento che sventola la bandiera a Cinque Stelle è colato a picco. La politica può essere fin troppo disinvolta e camaleontica, ma alla fine ritrova una dimensione logica.

Salvini è l'uomo del momento, ha nuotato in un mare in tempesta, aveva contro tutto il piccolo establishment italiano. (...)

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