C ittà millenaria, pettinata dal vento, rocciosa, fortificata, cinta, abbracciata, baciata, un dentro e fuori, un vai e vieni, un sopra e sotto, così sospesa, una sorpresa, sfrontata, tutta ocra, dorata, petrosa, religiosa e aulente di petalo di rosa, Cagliari domani a votare. Uno dei luoghi più belli e vibranti del Mediterraneo.

Il programma del sindaco, chiunque esso sia, è dettato da questa città, non occorre inventarsi niente, è Cagliari che parla da sola, bisogna “curarla”. Questa splendida città-stato ha bisogno di un'attenzione dal tempo lungo, costanza e fermezza di carattere.

È la differenza che passa tra la spesa e l'investimento. Cagliari ha bisogno di investimenti. Viviamo tempi veloci, le amministrazioni cercano regolarmente di bruciare le tappe. E finiscono per bruciarsi. È il classico caso del rischio preso senza avere un piano, che più o meno è come andare a giocare a scacchi con Bobby Fischer e Boris Spassky avendo fatto il torneo della Pro Loco.

Domanda: c'è un piano per Cagliari? La campagna elettorale è stata breve, i candidati hanno dovuto fare i conti con un tempo compresso, con le leggi inesorabili della politica. Noi qui all'Unione Sarda abbiamo due o tre idee, un blueprint di governo per fare un viaggio sicuro nel futuro. Fin dalla prima riga ho messo in evidenza la bellezza unica, la singolarità di Cagliari. Questo significa che la città non ha bisogno di orpelli, deve splendere della propria luce. (...)

SEGUE A PAGINA 49
© Riproduzione riservata