C agliari città del sole di Francesco Alziator, titolo iconico a significare il carattere della città e insieme della Sardegna in cui la luce è metafora e fil rouge di geografie fisiche e delle età della vita. Come nei luoghi che da millenni fungono da finis terrae e da ponte o non diversamente dalla tradizione letteraria, etnografica, e storico religiosa delle isole, l'itinerario dello scrittore fa della luce il baricentro. Ne coglie il senso non solo a Natale, nei fuochi di Sant'Antonio, a Carnevale, o a Pasqua ma in ogni stagione, dall'alba di ogni giorno e dalla nascita di ognuno fino al tramonto. Non c'è viaggiatore, antico e moderno, che non lo sottolinei e che non si faccia catturare da questa numinosa epifania e dal suo opposto. Cagliari, luogo dei bianchi colli, si riconosce su tutto nel rapporto tra tenebre e luce per l'interdipendenza tra cavità e superfici calcaree, dove la dialettica tra passato e presente si invera in tutta la sua complessità, da quella funzionale alla simbolico-religiosa. Oggi tanta tradizione è a rischio di perdere il rango più proprio, per l'intensa secolarizzazione contemporanea ma pure per ceti dominanti che disconoscono sempre più il valore dei luoghi confondendolo con valorizzazioni assai irrispettose. Fa bene dunque rileggere il libro

-sentinella di quella luce, invarianza ricca di implicazioni, che in una città assai complessa può scricchiolare. Che cosa è altrimenti il mutare di tracciati, piazze e strade, facciate, suoni, riverberi della luce fuori da una visione complessiva in cui la percezione dei residenti è parte integrante? Pare comunque assai difficile cancellare ciò che connota la più mediterranea e la meno italiana delle città di mare della Repubblica malgrado l'aggressione a fulcri che sembravano intoccabili: Poetto, Tuvixeddu, Anfiteatro fra i più noti. Un cupio dissolvi che talvolta ghermisce parte della classe dirigente; un blocco sociale che sulla bellezza dovrebbe costruire progresso e benessere collettivi che oltrepassi gentrificazioni variamente proposte. Che dire di recuperare non a parole ma seriamente quel fronte della laguna di Santa Gilla che dal Corso arriva al Borgo di Sant'Avendrace, immortalato da La Marmora, Spano, Delessert, Wagner; e dove tutto nacque e dove resiste l'interdipendenza tra ambiente, storia, cultura, in un irriducibile genius loci di cui la luce è l'assoluta protagonista.
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