O gni tanto nella cronaca fa capolino Tuvixeddu non perché in cima alla graduatoria dei siti più visitati in Italia o in Sardegna coerentemente con quelli che formano l'eclatante storia del “luogo dei bianchi colli”. Storytelling e propaganda mainstream, negli ultimi trent'anni, hanno sempre connesso il colle più alla parola “polemica” che alla massima espressione di storicità della città. Come dimenticare che la più grande necropoli punica che si conosca fu persino occultata quando Cagliari ebbe velleità di capitale europea della cultura, nonostante sia un irriducibile filo rosso della storia mediterranea.

Per capirne il senso non bisogna scomodare Fernand Braudel, grande storico del Mediterraneo, perché basta la definizione “montagna sacra dei sardi” di Giovanni Lilliu sintesi delle plurimillenarie stratificazioni della storia sarda che abitano anche Cagliari e Tuvixeddu.

Per stare all'oggi, è noto persino alle aule dei tribunali che i suoi eventi, negli ultimi secoli, s'intrecciano con le alterne fortune della classe dirigente cittadina e con l'incapacità di molti decisori, di ogni fede politica, a riconoscere il valore storico e ambientale della città. Tanto disconoscimento s'invera, in forme esemplari, nel decurtamento e nello stravolgimento della città d'acqua, Molentargius e Santa Gilla, ma pure della città di pietra che ha visto, in un secolo e mezzo, l'abbattimento delle mura, gli sventramenti nel centro storico e la sua recente gentrificazione, l'aggressione ai monumenti-manifesto. (...)

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