I l M5s sull'Emilia Romagna è andato in tilt. In questo voto digitale che ribalta i vertici, Rousseau, che doveva essere l'amico digitale e l'angelo profeta della nuova epoca, è diventato la croce politica. Il voto che doveva essere il tripudio della democrazia diretta è diventato una prigione con le sbarre d'acciaio. I leader che sapevano sempre dire la cosa giusta, adesso restano come afoni, senza sapere cosa dire per paura di sbagliare. È un big bang. È un anno zero. È un punto di non ritorno.

È davvero interessante - e per certi versi anche drammatico - il dibattito che si è aperto nel movimento dopo questo voto. Chi dice che già il quesito era tendenzioso, tenta addirittura di invalidarlo in radice. Chi (sempre nel movimento) contesta Di Maio da sinistra dice che il capo politico ha usato le sue urne telematiche per legarsi le mani al volante, e farsi obbligare dal suo popolo a non allearsi con il Pd. Chi lo contesta da destra dice che adesso deve trarre le conseguenze, e tornare alla vecchia equidistanza tra destra e sinistra. Chi ha nostalgia chiede un nuovo intervento demiurgico di Beppe Grillo. Chi è nel governo ti racconta che Di Maio si sente insidiato da Conte e per questo sembra che cammini con il suo sorriso pietrificato e con il freno a mano tirato.

Sono tutti insoddisfatti, sono tutti arrabbiati: e appena esci dai confini del M5s, capisci che l'onda d'urto si propaga, e che anche la coalizione vacilla. Ieri a Piazzapulita, il giovane leader delle sardine spiegava: «Abbiamo fatto in sei giorni quello che Salvini ha fatto in sei anni!». (...)

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