L a vita è un viaggio. E come ogni viaggio arriva il momento di cercare un porto sicuro. È lì che decide il cuore, e il mio appartiene al Cagliari, e alla Sardegna». Non sono parole di Socrate, o del Dalai Lama. Ma di Radja Nainggolan.

Come ci sono stati “l'anno del dragone” e “l'anno del samurai”, c'è adesso “l'anno del Ninja”, quello del quinto moro-indonesiano, l'anno che la Sardegna, quasi incredula, sta incominciando a vivere in questi giorni come un piccolo-grande racconto epico.

Ma Radja Nainggolan stavolta merita la prima pagina non solo perché è un calciatore unico, un genio imprevedibile saltato fuori dalla lampada, una icona folgorante, un modello amato e maledetto, sregolato e geniale. La merita perché è un figliol prodigo che torna evangelicamente a casa, un eroe guerriero che sceglie il porto sicuro degli affetti che non si estinguono, preferendolo alla lotteria dei guadagni facili e alle lusinghe dei club blasonati.

Dice ancora il Ninja, in un video di presentazione folgorante: «Con questa maglia rossoblù addosso ho lottato e sofferto: ora sono pronto per nuove battaglie». Radja sceglie di ricominciare da dove la sua stella ha iniziato a brillare, ripartire dal primo capitolo della sua fortuna, decide di restare vicino a sua moglie Claudia, malata di tumore, a cui non vuole far mancare il suo affetto. E con lui, intorno a lei, si stringe una intero popolo. Quello di Radja è uno degli ultimi grandi romanzi non convenzionali dello star system italiano (...)

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