C hiamatelo pure il “Governo guerriglia”. Per la centesima volta, infatti, litigano. Il Governo si divide, i vicepremier minacciano, e per la centesima volta i quotidiani italiani, i telegiornali, i siti di informazione, titolano su una rottura imminente che è annunciata ma non si celebra mai.

In effetti gialli e verdi in questi mesi hanno litigato con Tria, su Tria, sulle concessioni autostradali, sulla premiership, sulla Tap, sul Reddito, sugli studi di fattibilità per le grandi opere, sulla legittima difesa, sugli immigrati, sulla Flat Tax parziale o integrale, sul decreto sicurezza, su Savona, sulla Tav, sulla castrazione chimica, sui porti aperti o chiusi, sull'inchiesta che ha coinvolto il ministro dell'Interno, su se votare o meno l'autorizzazione ad indagare il ministro dell'Interno, nientemeno che sul Venezuela, sulle famiglie politiche europee, persino su Mahmood, sulla via della Cina, sul congresso di Verona, poi di nuovo su Tria, adesso litigano finanche sulla presenza di forze che negano l'Olocausto nel gruppo di partiti - l'Afd - con cui la Lega si vuole alleare. Ogni volta che questo accade lo strappo nell'esecutivo sembra sempre più imminente, la stampa anti-governativa si esalta, i social impazziscono, i sondaggi si impennano e poi (fatalmente) non accade nulla.

Il motivo è semplice: in questo Parlamento (data la scelta del Pd) non esiste un'altra maggioranza possibile. Per avere un altro parlamento bisognerebbe avere un voto anticipato che per ora non è all'orizzonte, e che Sergio Mattarella, forse, data la situazione economica faticherebbe a concedere. (...)

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