R iguardate solo per un attimo le due fotografie che hanno fatto il giro dei giornali, dominando la comunicazione delle feste. C'è qualcosa che non torna nel proclama di Villa Moena con di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista in Trentino con le berrette da sci in testa. Non torna la “reunion” dei Lennon e MCartney a Cinque stelle accompagnata dalla promessa solenne di imminenti tagli agli stipendi dei parlamentari, e il polverone sollevato dall'espulsione del capitano Gregorio De Falco.

C'è qualcosa che non torna nemmeno nei post “nutellosi” di Matteo Salvini e nelle sue promesse di punizioni severissime per i sindaci che dovessero mettere in pratica la loro minaccia di obiezione di coscienza al decreto sicurezza (su cui sollevano un problema reale, che riguarda le loro città).

Il problema è uno solo, e si chiama “sovraesposizione”. Non sarà un caso se Giuseppe Conte, il leader più popolare di questo governo, che ha toccato la punta record del 65% di popolarità, è quello che volutamente si mostra di meno nei talk show. Intendiamoci: io credo che i due vicepremier sappiano comunicare molto bene, anche troppo, e che il problema sia proprio questo. L'esposizione mediatica perenne, soprattutto quando sei abile a comunicare, è una brutta bestia: diventa un vizio assurdo, una malattia che provoca dipendenza, ti strappa un clic, una fotina, un post su Instagram, una video chat, come una continua puntata alla roulette in cui è inevitabile che prima o poi vinca il banco. (...)

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