F a male Antonio Di Maio a protestare, nel videomessaggio dolente che ha postato in rete, per il fatto che i droni delle “Iene” e “Quarta Repubblica” abbiano più volte sorvolato il suo terreno di Mariglianella rivelandolo nei dettagli al mondo. Fa male perché quel drone, così come i servizi e le immagini sulla sua proprietà, con le reti da pollaio, la villetta prefabbricata, i foratini polverosi e lamiere abbandonate nel prato, piuttosto che inchiodare suo figlio Luigi Di Maio ad una ambizione di lusso fuori misura - come si era insinuato all'inizio - lo collegano ad un immaginario da Sud sgarrupato che ci è molto familiare.

La piscina di plastica azzurra in cui il leader del M5s è stato fotografato mentre faceva il bagno non è davvero la piscina sontuosa dei vip, o quella ambiziosa dei boss, ma piuttosto quella low cost che tutti gli italiani scrutano sugli scaffali di Mondo Convenienza chiedendosi se riusciranno davvero a montarla. Non sono la tinozza fai-da-te e i piccoli abusi della zia che possono affogare Di Maio, dunque. E nemmeno gli impicci del padre, che anche quando si scusa continua colpevolmente a giustificare il lavoro nero con l'alibi della crisi.

Ormai sappiamo tutto della storia di questa piccola impresa, dei mesi con contratto da manovale di Luigi, dei lavoratori che non erano in regola: la lente di ingrandimento che i media hanno giustamente applicato ai dettagli della biografia del vicepremier ha rivelato la bugia di un padre, ma non ha intaccato la sua immagine. (...)

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