E così ecco il “Decretone”. In un Paese che non è malato di faziosità, i ministri non fanno selfie e video su e con detenuti ammanettati, e le opposizioni non dicono sempre di no per partito preso. Persino nell'Italia della guerra fredda, con la Dc al governo, il Pci votava le leggi che riteneva utili, magari cercando (dal suo punto di vista) di migliorarle in Parlamento. Da noi i ministri girano tutorial su YouTube con piglio da imbonitori, e gli ex ministri giocano al tanto peggio tanto meglio su Twitter. Peccato.

Tuttavia, in questa Italia malata, che oggi contrae ufficialmente il virus della recessione non solo per colpa sua (il vento della crisi sta tornando a spirare in tutta Europa e abbatte la produzione industriale persino nella insospettabile Germania) il Decretone presentato giovedì ha un merito incontestabile: imbocca una direzione decisa e lo fa con tutti i crismi, seguendo una visione ben determinata e visibile, investendo sui più poveri. Persino la divinità più capricciosa che accompagna e tormenta la nostra economia, lo spread, sembra gradire: ieri, per la prima volta dopo tanto tempo, lo spread è sceso sotto la soglia psicologica dei 250 punti (picco di 244). Questo perché i mercati preferiscono sempre la certezza all'indeterminato.

Un mese fa, il premier Giuseppe Conte mi ha detto: «Io quel numero lo devo guardare solo con la coda dell'occhio, ma sempre: anche perché la manovra è stata parametrata nella trattativa con Bruxelles calcolando lo spread a 270, ogni decimale che scende risparmiamo soldi per interessi». (...)

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