P er spiegare la “truffa” di Stato sugli accantonamenti qualcuno ha scomodato persino Totò e Nino Taranto. Ricordate? In un mitico film dei primi anni Sessanta, Antonio Peluffo e Camillo rifilarono la fontana di Trevi a un ingenuo turista italo-americano. Si intitolava, la pellicola, “Totòtruffa '62”. A noi sardi piace pensare di non essere ingenui. E, soprattutto, quando ci fanno arrabbiare, rovesciamo scrivanie. L'altro giorno il vicepresidente della Regione Raffaele Paci, con accanto il numero uno Francesco Pigliaru, ha detto chiaro e tondo a Stefano Fioretti per il Tg di Videolina che «il Governo ha truffato, ha truffato la Sardegna. Un gioco di prestigio con cui stanno imbrogliando i sardi».

Con il film di Totò gli elementi in comune sono due: la truffa e la città, Roma. Cosa è successo? Qualche manina , nei Palazzi della capitale, ha infilato nella manovra finanziaria dello Stato - sottraendoli al bilancio della Regione - 285 milioni. Come un cane che si morde la coda, o un padre che mangia dal piatto di un figlio. Ma è tutto legittimo, da qualche anno a questa parte. Nel 2012 il Governo presieduto da Mario Monti (l'esecutivo dei Professori), nel decreto-legge sulla spesa pubblica, impose alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di concorrere a coprire i debiti dello Stato attraverso il meccanismo contabile degli accantonamenti. E così ci siamo trascinati sul groppone, noi sardi, centinaia di milioni all'anno per contribuire a coprire i buchi del bilancio centrale. (...)

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