D ifficile, per noi comuni mortali, capire le alchimie della politica. Ma una Giunta regionale a metà, a cinquanta giorni dal voto e dalla vittoria schiacciante del centrodestra, fa a cazzotti con il piglio decisionista di chi, quella vittoria, più di tutti, ha favorito: Matteo Salvini. Ma forse il leader della Lega, pur messo in guardia sul carattere dei sardi dal braccio di ferro per il prezzo del latte, non immaginava quanto sarebbe stato difficile tradurre i consensi in assessorati. Altrimenti, un po' come quando, il giorno di San Valentino al tavolo del pecorino, al Viminale, disse «non ci alziamo senza l'euro», non avrebbe mai affermato, pur col sorriso, che la Giunta regionale sarebbe nata un quarto d'ora dopo la proclamazione degli eletti, avvenuta il 20 marzo.

Forse, Salvini, non aveva messo in conto che onorevoli eletti sotto un'insegna potessero pensare di far nascere nuove alleanze in maggioranza davanti al rischio che il raggio di sole avrebbe potuto anche solo sfiorare la testa di qualcun altro/a. E non aveva messo in conto, forse, il leader della Lega, che le correnti in questo o quel partito (in Sardegna più che altrove?) sono talmente forti che, bene andando, ti becchi una polmonite. Ed ecco decimati potenziali assessori, capi di gabinetto, dirigenti e commissari di agenzie o di aziende che di salute si occupano, polmoniti comprese. Magari, più semplicemente, Salvini non aveva messo in conto l'orgoglio o, se preferite la voglia matta di entrare nella stanza dei bottoni, di quanti - chi più, chi meno - hanno portato fieno nella scuderia del cavallo vincente. (...)

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