C 'era un lago, c'è una pozzanghera. E non che il cielo sia stato avaro, nei mesi scorsi, anzi. Anche la neve, tanta neve, sciogliendosi, aveva aiutato a riempirlo. Ma la gelida burocrazia ne ha imposto lo svuotamento: l'invaso ha una cinquantina d'anni, serve qualche ritocco per metterlo in sicurezza. Perché ne parlo in questa torrida domenica d'agosto? Perché è proprio ora che migliaia di sardi rischiano di soffrire la sete. E se sulla sicurezza siamo tutti d'accordo, sull'inefficienza no, non si può più derogare.

Siamo a Fonni, il Comune più alto della Sardegna, il paese dell'acqua. Il lago della vergogna si chiama Govossai, sì e no 3 milioni di metri cubi di capacità d'invaso, pochi ma certamente di ottima qualità. Ad averceli. Già, perché da tre anni a questa parte, alla vigilia dell'estate, quel lago montano viene svuotato. Resta, appunto, una pozzanghera, 250 mila metri cubi. E non si riesce nemmeno a incanalare l'acqua a valle, verso Olai: è tutto vuoto a perdere.

Abbanoa ha un progetto, ha i soldi (4,5 milioni di euro) ma i lavori no, non si riesce proprio a farli partire. Alle pagine 100 e 101 della “Scheda di interventi del Piano nazionale dighe”, c'è anche il nostro Govossai. La data? Giugno 2017. Anche due anni fa (così come nel 2016) il lago era stato svuotato. I sindaci si sono sciacquati la bocca per anni, ma non è bastato. Daniela Falconi, prima cittadina di Fonni, di recente ha scritto alla Regione. «Abbanoa impone le strategie. E un paese ricco d'acqua», ha denunciato, «vive nel paradosso burocratico di subire restrizioni idriche». (...)

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