I costi di un volo di diecimila chilometri (carburante, piloti e staff, ammortamento dell'aereo, tasse aeroportuali, ecc.) vengono a stento coperti dalla vendita dei biglietti dei passeggeri della classe economica, quando questa è completamente occupata. Per guadagnare qualcosa, le compagnie aeree devono quindi essere attrattive per i passeggeri della business class, il cui biglietto costa tre/sei volte, perdonate l'approssimazione, più di quello pagato per l'economica.

C'è anche la prima classe, è vero, e anche quella che oggi è chiamata Premium, a mezzo tra la business e l'economica, ma possiamo prescindere e iniziare il ragionamento considerando solo due macro classi, non cambia.

Seguitemi: per invogliare i passeggeri business occorrono importanti investimenti, è chiaro. Poltrone più comode (in realtà sono oggi veri e propri letti), cibi migliori, coincidenze comode, spazi riservati in aeroporto, ecc. Dall'altra parte, si riesce invece a riempire la classe economica solo spingendo la leva del prezzo. Chi è costretto a viaggiare pur avendo mezzi limitati (anche i turisti sono in un certo senso “costretti”, pensiamoci) compie le sue ricerche cercando ovviamente di spendere il meno possibile. La competizione per quanto riguarda la classe economica avviene dunque sul prezzo del biglietto; per quanto alla business, valgono anche comodità, servizio e immagine.

Non parlo in questa sede di addestramento dei piloti, di qualità degli aeromobili e della loro manutenzione, e dunque della sicurezza. (...)

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