C redo che il sentimento che domini l'opinione pubblica sia ormai la stanchezza. Una profonda stanchezza ammantata di frustrazione, delusione e infine rabbia. È diventato difficile reggere un intero notiziario quando i due terzi sono fatti di banali commenti politici, di mezze interviste, di frasi ripetute per tutta una giornata, sempre le stesse dalle sei di mattina a mezzanotte e rilanciate su ogni media possibile.

Persino le trasmissioni di musica rock, ultima speme, s'interrompono per bombardarci di bassa tattica politica, con notizie d'agenzia e un copione rigido quanto la mancanza di visione e approfondimento: il racconto del fatto settimanale scatenante, di sapore via via più vecchio, le dichiarazioni epocali dei contendenti, ancora le reazioni della controparte, i “si dovrebbe” di Funari-memoria.

Il martellamento fideistico (il cittadino dovrebbe ricavarne un'impressione positiva perché una pletora di politici logorroici, l'un contro l'altro armati, si sta occupando del suo benessere personale, del territorio e della comunità) provoca in realtà una reazione avversa di stanchezza e alienazione. Il rumore di fondo, altissimo, copre l'analisi di qualsiasi problema e offusca ogni possibile soluzione: la speranza muore. Per inciso: solo in Italia ho visto un uso dei media così “coventrizzato”, ossessivamente politico e focalizzato sul basso.

L'altro giorno, ad esempio, si è appreso che il Piano di rilancio del Nuorese è fermo, e i milioni disponibili sono bloccati. (...)

SEGUE A PAGINA 11
© Riproduzione riservata