Mohammed bin Salman alla corte di Donald Trump per la sua prima visita alla Casa Bianca dal 2018. Un incontro non facile per il presidente americano che, travolto dalle critiche per il caso di Jeffrey Epstein, sperava di risollevarsi dalla bufera portando a casa l'adesione dell'Arabia Saudita agli Accordi di Abramo. Ma un'intesa appare più che improbabile: il tycoon si prepara a incassare il no di Riad a una normalizzazione dei rapporti con il governo Netanyahu, mentre torna a salire la tensione tra Israele e l'Unifil con un nuovo attacco dell'Idf ai caschi blu.

La forza Onu di interposizione nel sud del Libano ha annunciato di essere stata, ancora una volta, bersaglio di tiri da parte delle forze armate israeliane, ma senza conseguenze per i suoi militari. «Non abbiamo sparato deliberatamente: si trattata di colpi di avvertimento, abbiamo scambiato i soldati dell'Unifil per due sospetti», ha fatto poi sapere l'Idf, annunciando l'apertura di un'inchiesta. I riflettori restano, intanto, puntati sul faccia a faccia tra il tycoon e Mbs con Riad, convinta che solo una «chiara proposta diplomatica per la creazione di uno Stato palestinese» possa aprire la strada a una normalizzazione dei rapporti con Israele che i sauditi escludono però possa avvenire con l'attuale governo Netanyahu «composto da ministri come Smotrich e Ben Gvir».

Una linea rossa incompatibile con le posizioni, ribadite oggi da Gerusalemme: «La nostra opposizione a uno Stato palestinese in qualsiasi territorio a ovest del Giordano esiste», ha detto Bibi supportato anche dalle parole del suo ministro della Difesa. «La politica di Israele è chiara: non ci sarà uno Stato palestinese», gli ha fatto eco Israel Katz. Due posizioni opposte che costringono Trump a un gioco di equilibrio: da una parte non irritare Israele, di cui l'amministrazione ha bisogno per il successo del piano di pace a Gaza, e dall'altra non alienarsi Riad, la cui adesione agli Accordi di Abramo è ritenuta cruciale per la stabilità del Medio Oriente.

The Donald aveva già cercato durante il suo primo mandato di convincere i sauditi a normalizzare i rapporti con Israele, e lo stesso aveva fatto il suo successore Joe Biden. Senza successo. Il presidente americano intende ora provarci di nuovo, anche se la strada è in salita: persuadere Mbs che il suo piano di pace in 20 punti è la via per la creazione di uno Stato palestinese rischia di suscitare l'ira israeliana, soprattutto se Trump dovesse promettere una tempistica. Rassegnata a non incassare l'immediata firma saudita agli Accordi, l'amministrazione spera comunque di portare a casa segnali positivi: secondo indiscrezioni, è cautamente ottimista sulla possibilità di ottenere da Mbs il riconoscimento che il piano di Trump è un punto di inizio verso lo Stato palestinese e l'impegno pubblico a valutare l'adesione agli Accordi di Abramo, gettando le basi per raggiungere il traguardo entro il fine del mandato di Trump.

Un impegno formale sarebbe cruciale anche nell'ottica della partita che si sta giocando all'Onu, dove il Consiglio di sicurezza si pronuncerà lunedì sulla risoluzione americana per Gaza. Per la Striscia si profila una divisione a metà: una parte sotto il controllo dell'Idf, un'altra sotto quello di Hamas. Uno scenario al quale Israele si sta preparando: l'esercito deve essere pronto a «stabilire rapidamente il controllo operativo» delle aree di Gaza «oltre la Linea Gialla», ha assicurato il capo di stato maggiore delle Idf, Eyal Zamir. All'arrivo di Mbs è previsto un ricevimento degno di una visita di stato.

La Trump Organization, guidata dai figli del presidente, sta trattando l'acquisto di una proprietà dal governo di Riad, e Jared Kushner ha ricevuto milioni di dollari di investimenti dai sauditi nei suoi fondi. Ma pur rappresentando di per sé una vittoria, la visita di Mbs potrebbe lasciare con l'amaro in bocca il principe alla corona. Trump ha ribadito più volte di valutare la richiesta saudita per l'acquisto di F-35 ma non sembra orientato - secondo indiscrezioni - a firmare l'autorizzazione alla vendita. Temendo di irritare Israele e la possibilità che la loro tecnologia possa essere rubata o trasferita alla Cina.

(Unioneonline)

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