“Mi scuso con tutto il cuore ma resto al mio posto per svolgere il mio dovere con umiltà anche per contrastare Vladimir Putin e rafforzare il sostegno del Regno Unito all'Ucraina”.

Lo ha detto il premier britannico Boris Johnson a proposito dello scandalo Partygate, ovvero alle polemiche che hanno travolto lui e il suo entourage per aver partecipato ad aperitivi e altri eventi nel corso del 2020, nonostante le restrizioni imposte in UK per arginare l’epidemia di Covid-19.

Il leader di Londra è intervenuto alla Camera dei Comuni per la prima volta dopo aver ricevuto anch’egli una multa di Scotland Yard per aver violato le restrizioni anti-coronavirus introdotte dal suo stesso governo.

La sanzione inflitta al premier, in particolare, riguarda un evento del giugno 2020 in cui si festeggiava il suo compleanno alla Cabinet Room di Downing Street. 

Il mea culpa (non il primo) non ha però convinto né placato l’opposizione. Il leader laburista Keir Starmer ha infatti respinto come "una barzelletta" le "scuse contorte" rinnovate dal premier conservatore, invocandone a gran voce le dimissioni. Starmer ha definito Johnson "un disonesto", ne ha criticato il tentativo di legare la vicenda alla crisi ucraina e ha ripetuto che il Paese lo ha già giudicato e che dovrebbe fare un passo indietro rinunciando all’incarico “se avesse un minimo di dignità".

(Unioneonline/l.f.)

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