Migranti, l'Italia non ha vinto. Quello di Bruxelles è un accordicchio
"I centri di accoglienza su base volontaria vanno fatti nei Paesi di primo ingresso (Italia, Spagna e Grecia, ndr), sta a loro dire se si candidano ad aprirli. E la Francia non è un Paese di primo arrivo".
Basterebbero queste parole di Emmanuel Macron per squarciare il velo di ipocrisia su un accordo che - al di là di alcune frasi di circostanza - sostanzialmente non fa passi avanti e non è una vittoria dell'Italia, a differenza di quanto propagandato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte: "Macron era stanco", ha affermato il premier nel commentare le parole dell'inquilino dell'Eliseo.
Secondo il premier da questo incontro esce un' Europa "più responsabile e solidale", e "l'Italia non è più sola".
Non è proprio così, e non è il solo Macron a mettere le cose in chiaro. Anche il Belgio ribadisce che "resta la responsabilità dei Paesi di primo ingresso", mentre lo spagnolo Sanchez fa spallucce: "Noi i centri li abbiamo già".
Per non parlare dei Paesi del blocco di Visegrad (Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria) che si oppongono a ogni forma di ricollocamento obbligatorio e le cui posizioni - nonostante le affinità ideologiche dei loro governi con la Lega di Salvini - sono quelle che più nuocciono all'Italia nelle trattative europee.
Se cantano vittoria loro, non possiamo farlo anche noi.
GLI HOTSPOT VOLONTARI - Gli hotspot - o campi profughi o centri di accoglienza che dir si voglia - sono su base volontaria insomma, ma nessuno si è candidato ad aprirli. Anzi: più di qualcuno ha messo le mani avanti chiarendo che non ne aprirà, e che spetta ai Paesi di primo ingresso farlo. Sempre gli stessi, sempre il nostro: tra l'altro anche Conte ha affermato che l'Italia non ha dato disponibilità ad aprire centri di accoglienza.
C'è anche un impegno - pure questo non vincolante - per aprirne alcuni nel Nord Africa: ma la Libia e la Tunisia hanno già detto no.
DUBLINO, SCONFITTA PER L'ITALIA - Per quanto riguarda l'accordo di Dublino, quello che l'Italia vorrebbe riformare perché prevede (dal 2003) che i migranti debbano fare le richieste d'asilo nel Paese di primo approdo, è un'altra sonora sconfitta per il governo Conte.
La riforma viene rimandata ad altro momento e altra sede, e nelle conclusioni del vertice si stabilisce - altra grande vittoria dei Paesi di Visegrad - che debba essere approvata all'unanimità e non a maggioranza. Ogni singolo Paese dunque avrà potere di veto, difficile pensare che la Polonia o l'Ungheria di Orban accettino quel sistema di ricollocamento automatico a cui si sono sempre opposte.
SECONDARY MOVEMENT, VITTORIA DELLA MERKEL - Il documento si esprime inoltre in maniera molto dura contro i secondary movement, gli spostamenti dei migranti in un Paese diverso da quello in cui hanno fatto richiesta d'asilo che l'Italia avrebbe invece interesse a incentivare. "Minacciano l'integrità del sistema di immigrazione europeo e l'area di Schengen, quindi gli Stati membri dovrebbero prendere provvedimenti legislativi e amministrativi per contrastarli".
Per il resto si leggono tante belle parole: il principio secondo cui "chi arriva in Italia, arriva in Europa"; la necessità di riformare Dublino (ma all'unanimità, come dicevamo sopra); l'aumento del Fondo fiduciario di emergenza per l'Africa.
L'IMMOBILISMO EUROPEO - Fumo tanto, sostanza poca. Elencando le principali questioni che stavano a cuore all'Italia, in nessuna di queste è stato fatto alcun passo avanti: nessuna sanzione e niente quote obbligatorie per quei Paesi che oggi non accolgono alcun richiedente asilo; il passo indietro sugli accordi di Dublino, che vanno riformati - si scrive - ma all'unanimità (cosa praticamente impossibile, almeno nei termini che vorrebbe l'Italia, ovvero quote di ricollocamento obbligatorie per ogni Stato), dunque ogni migrante continuerà a dover chiedere asilo al Paese di prima accoglienza; nessun obbligo di creare hotspot nei Paesi europei o del Nord Africa.
La montagna ha partorito un topolino, un accordicchio pieno di belle parole buone da spendere a fini elettorali per i vari leader.
Per dirla con le parole di Enrico Mentana, a cui pure era piaciuta l'intransigenza di Conte che ieri sera aveva bloccato l'adozione di un documento comune, "ci siamo fatti fregare un'altra volta".
SALVINI SCETTICO - Risulta così facilmente comprensibile lo scetticismo di Matteo Salvini, che pur dicendosi soddisfatto e facendo i complimenti a Conte, ha affermato: "Non mi fido delle parole, aspetto i fatti".
Poi ha annunciato che le navi delle Ong "non vedranno più l'Italia se non in cartolina", e che da ora saranno vietati anche gli scali tecnici per fare rifornimento.
Ed è quella, almeno per ora, l'unica carta che resta all'Italia e al vicepremier: respingere le navi, chiudere i porti. Così come fatto con Aquarius e con Lifeline. Tirare la corda sempre di più, sperando che qualche altro Paese accolga. E che non ci scappi qualche morto.
Davide Lombardi
(Unioneonline)
COSA PREVEDE L'ACCORDO
LE PAROLE DI CONTE