Joe Biden, in conferenza stampa a Parigi con Emmanuel Macron, ha dichiarato che «tutta l’Europa (sarebbe) minacciata dalla Russia». Tuttavia, Jens Stoltenberg, diversamente da quanto sostenuto dal Presidente degli Stati Uniti d’America, nell’esprimere la posizione ufficiale della Nato, aveva avuto modo di chiarire non solo che non si intravedeva «alcun pericolo di un attacco imminente contro qualsiasi alleato», ma anche che «questa idea che ci sia una sorta di conto alla rovescia è sbagliata» e che la Nato intende «evitare che ciò accada».

La divergenza tra le due posizioni parrebbe netta, e sicuramente quella espressa dalla Nato maggiormente rassicurante. Eppure, nonostante, appunto, la chiarezza della posizione della Nato, il pensiero che la Russia sia mossa dall’intento di avviare una guerra in Europa sembra farsi sempre più avanti innescando non poca preoccupazione. Il solo pensare che il conflitto russo-ucraino possa estendersi fino a lambire l’Europa, coinvolgendola direttamente, sarebbe a dir poco incredibile. Soprattutto in un momento storico in cui le varie potenze mondiali dovrebbero avere in dotazione strumenti diplomatici idonei a gestire gli scenari più critici.

Ciò nonostante, invece, sembra non potersi negare che la guerra, lungi dal potersi considerare come un lontano retaggio del passato, ad oggi è piuttosto attuale, con tutto il bagaglio di conseguenze che reca con sé. Occorrerà comprendere, all’indomani della competizione elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo, se la intervenuta affermazione delle Destre (occasionale o strutturale sarà il tempo a decretarlo) sarà utile a porre fine ai conflitti in essere nel tentativo, oltremodo necessario, di ricondurre a stabilità lo scenario geopolitico internazionale. Lo si faccia attraverso i canali diplomatici, ovvero portando avanti una narrativa differente che induca al confronto dialogico tra i maggiori leader europei ed internazionali, attraverso una tregua condivisa rispetto all’impiego delle armi, purché lo si faccia. Sembra essersi capito, da quel fatidico 24 febbraio 2022, che l’assetto geopolitico universale stava andando modificandosi. Che ancora oggi, con buona verosimiglianza, stiamo attraversando un momento cruciale di transizione all’interno del quale si compiono i primi ed oscillanti passi verso un assetto multipolare idoneo a superare il bipolarismo cui finora ci eravamo abituati a concepire la geopolitica ed i suoi percorsi.

Del resto, l’ascesa, sul piano economico, politico e financo militare di altre grandi potenze in via di forte affermazione, quali Cina, India, Turchia, ha contribuito, con buona verosimiglianza, a spostare i termini del confronto. E se, per un verso, l’idea di un globalismo multipolare possa apparire in linea di massima maggiormente equa, tuttavia, per l’altro verso, non è detto che possa essere effettivamente così. L’idea dell’affermazione di differenti poli decisionali, tanti quanti sono le civiltà che li caratterizzano, e ciascuna con il proprio portato valoriale, se davvero concretizzabile, potrebbe contribuire a garantire in maniera piena il principio di autodeterminazione dei Popoli, e a migliorarne le condizioni di vita all’insegna della pace duratura, oppure sarebbe, al contrario, condizione da sola sufficiente ad accrescere il disordine sul piano internazionale? Sarebbe, forse, maggiormente conveniente cercare di gestire il multilateralismo (o meglio multipolarismo), oppure contrastarlo nel tentativo, forse per taluni anacronistico, di conservare l’ordine costituito? Esiste corrispondenza tra i concetti di multipolarismo e multilateralismo?

Probabilmente l’Europa che andrà a definirsi con l’insediamento del nuovo e rinnovato Parlamento Europeo si troverà gioco forza costretta ad affrontare in maniera decisa e consapevole queste tematiche al fine di operare nel senso del consolidamento di tutto quanto ancora funzioni sul piano logistico e strumentale, e della trasformazione di tutto quanto debba essere cambiato, affrontando il cambiamento nei termini della crescita culturale e organizzativa. Al di là delle divergenze esistenti tra i vari Paesi Membri, oggi come ieri per l'Unione Europea i diritti umani sono valori universali incontestabili e continuano a costituire il fondamento della politica estera comune. Lo scenario internazionale, chiaramente complicato dall’esistenza dei conflitti, ha reso la situazione generale assai critica e di assai difficile gestione, siccome parrebbero essersi nel tempo delineate posizioni nettamente contrastanti proprio sul tema fondamentale delle qualità essenziali che il sistema internazionale, nella sua complessità soggettiva ed oggettiva, dovrebbe possedere.

I principi liberali, nel contesto generale, appaiono unicamente quale uno dei tanti e differenti aspetti tra gli altri in considerazione. Parrebbe, invero, che tutte quelle potenze che vogliano (ri) discutere questa prospettiva intendano in realtà trasformare il cosiddetto multilateralismo dalla radice per ridefinirlo sulla scorta di inediti e non meglio precisati valori probabilmente ancora in via di elaborazione. In uno scenario così complicato, la posizione espressa dalla Nato appare in tutta la sua rassicurante efficacia, e probabilmente, nel contesto di trasformazione profonda che l’Europa, prima ancora che qualsiasi altra potenza mondiale, si trova ad attraversare, la cautela si impone come doverosa.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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