In queste ore, per la prima volta dal 2003, un esponente del Governo israeliano è in visita ufficiale in Marocco. Si tratta del ministro degli Esteri Yair Lapid, che insieme a una delegazione di rappresentanti di diversi ministeri (Turismo, Lavoro e Salute) si tratterrà alcuni giorni nel Paese nordafricano. Rilevante, anche dal punto di vista storico, è la presenza del ministro del Welfare Meir Cohen, nato a Essaouira, nel Sud del Marocco, nel 1955, e andato via dal suo paese natale a 6 anni.

Questa mattina è stato inaugurato un ufficio di collegamento fra Israele e Marocco a Rabat alla presenza dal viceministro degli Esteri marocchino Mohcine Jazouli; l’assenza del titolare del dicastero è probabilmente legata alla volontà di non dare eccessivo rilievo all’evento. Ossia: per evitare di stimolare ulteriori malumori locali connessi alla cosiddetta “normalizzazione” di rapporti con Israele, il tentativo è di mantenere un basso profilo. L’incontro col ministro degli Esteri Nasser Bourita è comunque poi avvenuto proprio nella sede ministeriale (con firma di tre convenzioni che puntano a rafforzare i legami tra i Paesi). Il viaggio ha anche visto la delegazione rendere onore al mausoleo di Mohammed V e partecipare alla preghiera presso la sinagoga Bet-El di Casablanca, città dove esiste ancora una comunità ebraica. Alla delegazione era aggregato anche il cantante Shimon Buskila, i cui genitori sono nati in Marocco e che canta sia in arabo marocchino che in ebraico.

I rapporti diplomatici tra i due Paesi vennero avviati dopo il processo di Oslo negli anni ‘90 ma furono poi interrotti dopo lo scoppio della seconda intifada nel 2000 (venendo poi abbandonati completamente nel 2003). L’obiettivo finale, ora, è di arrivare alla apertura di ambasciate in entrambi gli Stati; simbolicamente, il presidente israeliano Isaac Herzog ha anche invitato, tramite lettera ufficiale, il re del Marocco Mohammed VI a visitare Israele.

Questa è senza dubbio una estate speciale nei rapporti tra i due Paesi. Il 25 luglio sono sbarcati i primi turisti israeliani all'aeroporto internazionale di Marrakech con il primo volo commerciale diretto tra Israele e Marocco: finora infatti gli israeliani, come gruppi organizzati, dovevano passare da uno Stato terzo per potersi recare in Marocco. Sempre in luglio, un areo militare marocchino si è recato in Israele per prendere parte a un’esercitazione multinazionale.

La normalizzazione dei rapporti ha inoltre permesso a Israele di richiedere lo status di osservatore nell'Unione africana e potrebbe aprire a collaborazioni congiunte (anche in chiave euro-mediterranea); questo viaggio, come i precedenti (storici) ad Abu Dhabi e Dubai, rientra tra gli accordi stretti negli ultimi anni con Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Sudan, i cosiddetti “Accordi di Abramo”, le cui prime firme sono iniziate nell’estate 2020.

Le nuove relazioni tra Marocco e Israele non sono però collegate direttamente a questi accordi ma più che altro a una “triangolazione” di relazioni. Tramite rapporti diplomatici (e cauti suggerimenti) venne prospettato al Marocco il possibile riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità sul Sahara occidentale (territorio conteso abitato dal popolo Sahrawi e la cui lotta – tristemente - non interessa praticamente a nessuno). A questo riconoscimento da parte degli Stati Uniti, effettivamente avvenuto nel dicembre 2020, si chiedeva di far corrispondere una apertura nei confronti di Israele (come poi successo).

Il rapporto Marocco-Israele è anche un rapporto di radici comuni: in questo Paese arabo vivevano ancora negli anni ’40 circa 250.000 ebrei, la più grande comunità ebraica del mondo musulmano. Oggi si calcola quasi un milione di discendenti marocchini ben radicati in Israele, che hanno spesso mantenuto abitudini, tradizioni e lingua; in terra africana sono invece presenti oggi meno di 2.500 ebrei.

Filippo Petrucci – Cagliari

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